Orinetamento Teorico della Scuola Parte 2

Molte sono state le scuole psicologiche inquadrabili nel paradigma Umanista, o che ne hanno subito l’influenza, tra cui:

  • la Psicologia della Gestalt di Fritz Perls
  • l’Analisi transazionale di Eric Berne

La Psicologia della Gestalt e FRITZ PERLS

La Psicologia della Gestalt o “psicologia della forma” fa riferimento al concetto di forma, globalità; difatti i gestaltisti considerano le esperienze mentali come delle totalità che vanno studiate nella loro interezza, poiché il significato dei singoli elementi è dato dalla loro collocazione o dal loro ruolo nell’insieme in cui sono inseriti.

Le procedure di indagine privilegiate dalla psicologia della Gestalt fanno riferimento al “metodo fenomenologico”, secondo il quale l’oggetto di studio deve essere il dato così come esso si presenta direttamente e spontaneamente all’individuo. Non si tratterebbe, quindi, di indurre la persona ad analizzare i propri contenuti di coscienza: al soggetto è invece semplicemente chiesto di riferire come si mostrano le cose che ha dinnanzi o i pensieri che sta seguendo,  senza eccessive mediazioni intellettuali.

Il campo di studio privilegiato dalla psicologia della forma è la percezione, la quale costituì l’ambito in cui il fondatore della scuola, Wertheimer, compì le prime indagini.

Da questi assunti di base, dalle intuizioni del suo fondatore Fritz Perls e da un gruppo di intellettuali statunitensi, profondi conoscitori della psicoanalisi, nasce a New York intorno al 1950 la Psicoterapia della Gestalt.

La nascita della psicoterapia della Gestalt espresse la sintesi creativa di varie correnti culturali, filosofiche e psicologiche, che nel dopoguerra rivelarono con pienezza nuovi paradigmi culturali. Oltre alla psicologia della Gestalt, di cui Fritz Perls aveva avuto esperienza diretta, e alla psicoanalisi, contribuirono alla formulazione del suo pensiero le esperienze di analisi individuale con Wilhelm Reich e con Karen Horney, la teoria di Otto Rank e ancora l’Olismo nella teorizzazione, l’Esistenzialismo e la Fenomenologia, le filosofie orientali, in particolare lo Zen.

Il suo scopo è quello di far scoprire, sperimentare ed esplorare alle persone la loro “propria forma” giungendo all’integrazione di tutte le loro parti in modo che gli individui possano permettersi di diventare quello che sono.

La Terapia della Gestalt si basa sul presupposto che l’individuo e il suo ambiente rappresentano un campo indivisibile e qualsiasi stato di sofferenza e difficoltà nasce dalla confusione e dal cattivo funzionamento al confine di contatto fra essi.

Il fuoco dell’intervento è dunque la modalità specifica di interazione fra l’individuo e “gli altri” dell’ambiente di vita, e i suoi obiettivi sono la presa di consapevolezza delle interruzioni difensive del contatto e lo sviluppo di nuove strategie e competenze in grado di sostenere lo scambio positivo di informazioni ed energia.

La comunicazione interpersonale è un flusso continuo e inarrestabile di informazioni che influenzano e sono influenzate da qualsiasi stato di problema/empasse o di eccitazione/cambiamento tra gli individui in relazione.

Ciò che diventa importante da analizzare ed esplorare è la dinamica del processo di contatto con l’ambiente che sovrasta, come interesse, i contenuti della comunicazione, ossia il “come” è prioritario rispetto al “cosa” e perfino rispetto al “perché”.

L’intervento è sul “qui e ora” della persona piuttosto che nel racconto della sua storia; essa è utile perché ci dà informazioni su tutti quegli eventi che continuano ad essere rilevanti e non conclusi per la persona, ma è in ciò che succede nella relazione attuale tra l’individuo e il suo contesto che abbiamo gli elementi vivi che possono sostenere la trasformazione e la crescita.

“La prospettiva della Terapia della Gestalt è riassunta da Perls in quattro parole: Io, Tu, Qui e Adesso. L’espressione Io e Tu (mediata da Martin Buber), indica la relazione autentica fra terapeuta e paziente, con l’idea guida di un rapporto terapeutico creativo che rispetti la singolarità di ogni essere umano”. (Wikipedia)

Poiché inoltre qualsiasi vissuto psicologico è in relazione con i processi corporei (la respirazione, le tensioni croniche, il modo di muoversi, la relazione col cibo) la Terapia della Gestalt dedica ad essi la massima attenzione, intendendoli sia come elementi di comunicazione non verbale che come strumenti di consapevolezza.

Dal punto di vista clinico la consapevolezza per la psicoterapia della Gestalt è il principale strumento terapeutico. La consapevolezza è l’abilità di concentrarsi su ciò che esiste ed è attuale nel presente, ovvero l’essere in contatto con la propria esistenza.

ll cliente assume sempre più la forma di una persona, perdendo le caratteristiche di colui che è presente in una posizione passiva (paziente), aspettando il consulto che arriva dalla posizione asimmetrica in cui si è sempre posto il medico e lo psicoterapeuta. Egli è una “persona presente”, con ogni parte di sè, in modo attivo, per partecipare ad un proprio processo di evoluzione verso la consapevolezza del proprio sé e del proprio funzionamento psichico.

“Sarò con te. Sarò con te con il mio interesse, la mia noia, la mia pazienza, la mia rabbia, la mia disponibilità. Sarò con te […] ma non ti posso aiutare. Sarò con te. Tu farai quello che riterrai necessario” Fritz Perls

Da ciò si evince come sia fondamentale per il buon esito della “cura” la relazione che si crea tra il cliente e il terapeuta, dimensione in cui la persona trova un ambiente-contenitore dove poter sperimentare emozioni e sensazioni sane, imparando a gestirle per poterle successivamente esprimere nel mondo, perchè elemento fondamentale della terapia è l’esperienza stessa, che si sperimenta attraverso la relazione. Ciò che promuove la psicoterapia della Gestalt è il benessere della persona, favorendo la sua evoluzione verso un percorso di vita consapevole e indipendente.

Si tratta di un orientamento e di una metodologia fenomenologica, che opera attraverso la percezione di quanto emerge nell’incontro (al confine di contatto) e attraverso il sostegno alla sua trasformazione, seguendo la spinta emergente. Storia e potenzialità si incontrano e creano una figura di incontro unica, autentica, incarnata.

Nel contatto con l’altro, l’espressione di sé produce libertà. Questa libertà permette alla creatività di sostituire le strategie e gli schemi ormai obsoleti che intrappolano e chiudono nuove possibilità di essere nel mondo in maniera più soddisfacente.

In questo modo la nostra esistenza si prospetta come un cammino di scelta responsabile, che unifica le nostre esperienze con quello che accade nel mondo attorno a noi.

 

L’ANALISI TRANSAZIONALE ed Eric Berne.

L’Analisi Transazionale (A.T.) è una teoria psicologica elaborata negli anni ’60 dallo psicologo canadese Eric Leonard Bernstein, conosciuto come Eric Berne, e Thomas Antony Harris, indiscusso portavoce di questa teoria.

A Eric Berne va il merito di aver reinterpretato la psicoanalisi, spogliandola del linguaggio tecnico comprensibile a pochi esperti, e rendendola familiare e leggibile ad un vasto pubblico.

L’A.T. è essenzialmente una teoria della comunicazione basata sull’analisi delle transazioni, ossia gli scambi che si verificano tra due individui che comunicano

Ogni scambio si compone di uno stimolo e di una risposta; spesso nel relazionarsi ci si trova a servirsi di comportamenti stereotipati, in parte acquisiti dai genitori, in parte sviluppati fin da bambini.

Questi comportamenti, letti come se fossero risposte naturali indotte da stimoli esterni, spesso si ripetono in modo automatico, portando l’individuo a ricadere più volte negli stessi errori.

Sovente oltre a ritrovarsi a reiterare le stesse azioni destinate a fallire, Berne osservò che, talvolta, le persone sembrano recitare una parte, come se seguissero un copione e tentano di trascinare anche gli altri nel loro stesso gioco.

Il copione dipende dalla struttura della personalità dell’essere umano, che è costituita, secondo l’analisi transazionale, dall’interrelazione tra tre “stati dell’Io”, sistemi di comportamento messi in atto a partire dalle dinamiche dell’infanzia: “Io Genitore” (schemi comportamentali indotti dall’educazione genitoriale ricevuta); “Io Adulto” (capacità di comprensione e di reazione spontanea nel qui e ora, ovvero capacità di problem solving); “Io Bambino” (schemi di adattamento messi in atto dall’infanzia).

Lo scopo dell’analisi transazionale è quello di promuovere il raggiungimento di un equilibrio energetico tra i tre stati, migliorando la consapevolezza dei copioni messi in atto nelle transazioni sociali.

Quello che la distingue dagli altri approcci psicoterapeutici è riassumibile in tre principi:

  • tutti hanno valore, a prescindere dalle loro debolezze e dai loro comportamenti; ognuno possiede una propria saggezza che l’analisi transazionale mira a valorizzare;
  • la terapia è “contrattuale”, vanno cioè concertati fin dall’inizio obiettivi di lavoro che orientino la collaborazione tra terapeuta e cliente, stimolando il senso di responsabilità e di autodeterminazione; obiettivi esposti dal terapeuta in modo chiaro e semplice, condivisi e gestiti in modo flessibile.
  • integrazione tra il lavoro intrapsichico e il lavoro sociale-comportamentale ovvero tra cura del sintomo (la sensazione di malessere) e cura del disagio esistenziale (la causa del malessere).

Partendo quindi dall’elaborazione di tutti questi concetti appena descritti, integrandoli trasversalmente con le discipline delle “scienze umane” (pedagogia, filosofia, antropologia e sociologia), l’obiettivo che si propone Ri-Trovarsi è focalizzare l’apprendimento dell’allievo sulla Salute, gli aspetti personali positivi, l’individuazione delle risorse disponibili, il paradosso che vede la crescita personale come un “diventare ciò che si è”, attraversando i propri territori interni sperimentandoli, agendoli metaforicamente, piuttosto che cercare di liberarsene.

Una costante riscoperta della propria umanità e della propria capacità di autoderminazione.

Un’azione “educativa”, che nella sua etimologia di “condurre fuori” (ex-ducere) porta a far prevalere l’azione e l’esperienza diretta, una modalità lavorativa in cui la “scoperta”, la formulazione e/o la risoluzione di una difficoltà esistenziale e quindi il cambiamento derivano dal FARE e da un processo di apprendimento esperienziale.

Il senso di questa poliedricità che richiede da parte del futuro counselor una grande flessibilità e apertura mentale ha come scopo quello di tenere nella dovuta considerazione le esigenze del cliente e le difficoltà che egli porta nel setting.

Il compito del futuro Counselor sarà quindi quello di osservare a livello fenomenologico ciò che accade nel “qui e ora” e nel rispetto dei bisogni emergenti modulare l’uso delle tecniche così da costruirsi una mappa di trattamento unica, per così dire “cucita” su misura del cliente.

 

(continua nel prossimo articolo)