R.Magritte – Falso Specchio –
Le nostre esperienze più intense dal punto di vista emozionale, soprattutto se risalgono all’infanzia, possono dare origine alle cosiddette “credenze inconsce”, le quali, in realtà, non sono altro che le nostre personali convinzioni.
Per ciascuno di noi si tratta di assolute certezze, che non ammettiamo di poter mettere in discussione.
Non assomigliano alle idee ma a veri e propri sentimenti.
Ad esempio, è molto diverso pensare di non essere capaci, sentirsi incapaci e sapere di essere incapaci.
Quando parliamo di queste convinzioni, intendiamo qualcosa di ben radicato nella nostra mente.
Vorrei sottolineare che la maggior parte delle convinzioni che ci limitano agisce senza che ce ne rendiamo conto, muovendosi al di sotto del piano della consapevolezza.
Molte volte siamo convinti di essere in un certo modo e ci sembra impossibile poter cambiare. Tuttavia quello che il nostro cervello è capace di riconoscere e di cogliere di noi stessi non è che una piccola parte della realtà che siamo. Inoltre è bene sapere che, in quanto a percezioni, il nostro cervello può trarci in inganno.
Ci sono molte idee che tendiamo a scartare fin dall’inizio perché in contraddizione con quanto ci mostrano i nostri sensi
Se non ci liberiamo dei limiti del nostro modo di pensare, non saremo capaci di vedere le cose da quella prospettiva che ci consentirà di scoprire l’esistenza di porte dove prima vedevamo solo muri.
Per entrare in quello che Einstein chiamava “la bellezza del mistero è necessario recuperare la capacità di sorprenderci e di stupirci tipica dei bambini, avendo fiducia che quello che troveremo sarà unico.
Così come il mondo dei microorganismi si rivelò grazie all’invenzione di uno strumento di osservazione, il microscopio, e quello delle galassie diventò visibile solo con l’uso del telescopio, anche noi abbiamo bisogno di uno strumento molto speciale per poterci addentrare nel nostro mondo interiore.
Quello strumento altro non è che la nostra coscienza.
“Non sono né i miei pensieri, né le mie emozioni, né le mie percezioni sensoriali, né le mie esperienze. Io non sono il contenuto della mia vita. Sono lo spazio nel quale tutto si produce. Sono la coscienza. Sono il presente. Sono.” E. Tolle
Un ritorno a se stessi, inteso come viaggio a ritroso verso l’incipit, verso l’inizio, verso quell’inconoscibile che ci appartiene sin da quando il primo vagito in questa vita è stato emesso.
Unione tra anima, corpo e mente che insieme formano la nostra totalità.
Esiste una netta linea di confine tra il nostro corpo e la realtà esterna solo in virtù della nostra parte razionale e delle nostre convinzioni radicate, di quel velo di Maya che ancora ci separa dalla verità. Ma questa linea è nulla se poniamo l’attenzione sul grande scambio energetico che avviene tra il dentro e il fuori. Siamo sintonizzati costantemente con la realtà che ci circonda, la nostra esistenza è parte di questa continua sintonizzazione tra dentro e fuori, tra sé interno ed realtà esterna, tra interiorità e apertura al mondo.
La coscienza è energia che parla di noi e che ci dice del mondo e di come questo in ogni attimo del nostro esistere ci apre le porte verso infinite possibilità.
Sarà lei ad aiutarci a scoprire cosa si nasconde dentro di noi, cosa è che ci proibisce di vivere la vita come ci piacerebbe, almeno per quanto riguarda le cose che dipendono da noi, e sono molte.
La coscienza ha bisogno di attenzione. Possiamo paragonarla all’occhio che vede e l’attenzione alla luce che illumina: senza luce, l’occhio non può vedere. Solo quando riusciremo a focalizzare l’attenzione all’interno di noi stessi saremo in grado di scoprire ciò che prima restava nascosto, di portare alla luce ciò che prima restava nell’ombra.
Dietro le tue paure più profonde non esiste una vera incapacità di affrontarle, ma solo a convinzione che non ne sei capace