“ insieme a te
camminando sul filo
la vertigine “
Haiku (G.Costa)
Il corredo della furibonda vertigine, propria dell’innamoramento di cui parlavo nel post dell’altro giorno, prevede le farfalle nello stomaco, le ginocchia che tremano, il cuore che fa il matto, le guance che si arrossano. Succede e, ovviamente, si ha paura. Amore e paura vanno sempre insieme. Felicità assoluta e paura, pure.
All’inizio nulla è dato. La vertigine del tutto è possibile, quella che fa sbarellare di euforia, è anche la causa del terrore che si prova, delle insicurezza improvvise.
Sta nella legge inevitabile degli inizi, tutto si deve continuamente ricreare, ritessere, ricominciare, ogni volta, ad ogni incontro. Ci si stanca, ma stare sulla corda, stare in tensione fa parte del gioco. Tiene svegli, tiene terribilmente vivi. E’ bello. Talmente bello che alcune persone non sanno spendere la loro esistenza che così, in un continuo esercizio di equilibrismo: funamboli, cercheranno sempre e solo inizi, passeranno da una storia all’altra, cercando e ricercando lo stesso tipo di piacere.
Camminare sul filo è la prassi, all’inizio, le vertigini sono all’ordine del giorno, del minuto. La condizione dell’innamorato è quella di chi sta sempre in bilico su un crinale pericoloso, dove l’altro e le mille congiunture esterne hanno il potere completo sulla nostra felicità.
Una delle caratteristiche più evidenti della stagione degli inizi sono le continue oscillazioni dell’umore e dello stato d’animo alle quali si è sottoposti.
Tutti, suppongo, sanno di cosa sto parlando. Di un bisogno continuo di conferme, di rassicurazioni, di dati tranquillizzanti e, nello stesso tempo, di un continuo terrore di essere disattesi.
Piccole cose, dettagli: un telefono che suona a vuoto, una frase pronunciata in un certo modo, l’ombra che sembra passare sul viso della persona amata, tutto può bastare a dare conferme certe o a trasformarsi in un segnale negativo. Dettagli: hanno un’importanza capitale, ci puoi fare sopra una malattia. Sono i dettagli ad innescare le tipiche incomprensioni di quando ancora non ci si conosce, gli equivoci, il non capirsi.
Uno nota cose impercettibili, e bastano per andare al manicomio. Le incomprensioni anche banali di questo periodo sono vissute come tragedie irrevocabili ( “ecco, lo sapevo, non poteva andare…”). Due minuti dopo, altrettanto facilmente, vengono accantonate e giudicate, in virtù dello sguardo indulgente, dell’odore dell’altro e delle farfalle che sbattono impazzite le ali nel nostro stomaco.
E’ così. Più l’altro ci piace, più sta parlando precisamente a qualcosa di nostro, più le oscillazioni, gli alti e bassi saranno evidenti. Staremo in uno stato di intermittenza continua, non fosse altro perché sentiremo di esistere davvero solo quando l’altro, l’unico, il solo, è davanti a noi.
Vivremo aspettando, nella sola condizione prevista dallo stato dell’innamoramento nascente. L’Attesa. Aspettiamo, perché viviamo solo per il momento nel quale vedremo, sentiremo, toccheremo, mangeremo l’altro.
Questa condizione ci sballotta in un su e giù umorale continuo. Su: sei qui, ti vedo, ti tocco. Giù: non hai ancora chiamato. Come se fossimo chiusi in una stanza e qualcuno continuasse a spegnere e accendere la luce, a tradimento.
Roland Barthes (“Frammenti di un discorso amoroso”) ha scritto che l’attesa è un incantesimo, si sta lì, come stregati e si aspetta.
Si fanno molte cose strane nel tempo degli inizi, moltissime delle quali, Dopo, verranno giudicate molto stupide. Dipende sempre comunque da come la si guarda. Chi ama aspetta, e gode infinitamente anche di questo sottile tormento, pieno di incerte promesse.
“L’intensità di un amore si potrebbe misurare dall’impazienza o dall’estrema pazienza di aspettare. In ciò che arriva o non arriva, io so che il più bello è il tempo dell’attesa, uno spazio teso come un telo tra un albero e un pilastro malfermo e lontano che uno intravede senza veramente distinguerlo..” (T.B.Jelloun)
Toglieteci questo aspettare, buttateci nel supermercato virtuale delle passioni usa e getta, diteci che possiamo avere tutto subito, e avrete ucciso la cosa di cui gran parte è fatto, ancora e nonostante tutto, l’Amore.