Cura di sè e ostacoli

cura di sè

Dobbiamo imparare a curare noi stesse, anche se vi sono tanti ostacoli.

Noi donne, per tradizione le principali curatrici dei bambini, abbiamo ricevuto anni di addestramento per accudire gli altri ma non noi stesse.

La saggezza del curare se stesse è antica. Gesù ha detto: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, una dichiarazione che implica rispetto di sé e consapevolezza del proprio merito.

Lo sviluppo di questi tratti comincia presto: quando il bambino sorride e chi lo sta accudendo gli risponde con il sorriso. Questo rispecchiamento è vissuto dal bambino come esperienza di attaccamento. Quando il piccolo piange, chi se ne occupa cerca di capire il perché e di soddisfare il bisogno che ha provocato il pianto. Sufficienti esperienze di questo tipo creano la fiducia di base nelle relazioni , la capacità di gestire l’ansia e anche la percezione del proprio valore.

Dopo questa fase il bambino che comincia a camminare, sperimenta la perdita del paradiso e scopre che la realtà esterna richiede il suo autocontrollo interno. A questo punto il bambino può reagire con rabbia. Un genitore sufficientemente buono rispetta e mostra empatia con la rabbia fisiologica del bambino e gli insegna ad usarla in modo costruttivo e tollerabile con atteggiamenti di accadimento e di accoglienza.

Alcuni genitori danno però dei messaggi contradditori. Per esempio dicono:” Non c’è bisogno di piangere, smettila di piangere”, non accettando così il sentimento che ha provocato il pianto. Oppure:” Non devi picchiare tua sorella, ora te lo insegno io” e schiaffeggiano il bambino, dimostrando che gli adulti hanno il permesso di comportarsi male mentre i bambini devono sapersi controllare. O ancora:” Se non la smetti la mamma ti lascia sola”, minacciando di abbandonarla.

Infliggere la paura dell’abbandono un senso di colpa in tenera età è avvilente. I bambini piccoli non sono ancora in grado di gestire la colpa e reagiscono provando vergogna e disprezzo verso se stessi.

I bambini inoltre sono molto bravi ad intuire ciò che i genitori desiderano. E cercano di soddisfarli. Così facendo sperano di apparire agli occhi di papà e mamma proprio come loro vorrebbero: amabili.

Alcune di noi da grandi continuano a cercare di soddisfare gli altri nella speranza di ottenere in cambio quel tipo di amore: l’eccesso di cura verso gli altri evidenzia questa speranza.

Alcune cercano nel partner qualcuno che ripari, con conferme costanti, la mancanza di autostima. Il problema sorge quando entrambi cercano nel partner l’amore che non hanno ricevuto dai genitori, quando cioè sono due adulti che si amano ma che, a livello inconscio, sono rimasti bambini.

Entrambi sono innamorati della parte genitoriale forte, amorevole e ammirante dell’altro, ma nessuno dei due tiene conto dei bisogni del bambino interno dell’altro.

Tuttavia è la parte bambina in ciascuno di loro che ha iniziato il gioco dell’innamoramento, lottando con il bisogno universale di essere al centro del mondo di genitori che amino incondizionatamente e che guardino pieni di ammirazione i propri figli.

Per aver cura di sé bisogna riconoscere i propri bisogni, sapere cosa fare e a chi chiedere aiuto. Ed essere consapevoli che la posizione centrale avuta nell’infanzia è persa per sempre, che sia stata sufficientemente buona o no.

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