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Perché devo provare sempre questo terribile bisogno di far sí che gli altri vedano le cose come le vedo io? Doris Lessing
Per riuscire a trasformare ciò che c’è di disfunzionale nel nostro modo di comportarci è importante riconoscere i driver sottesi a nostro agire. Nel libro “Il potere di cambiare” di Giovanna D’Alessio ho trovato un’interessante modalità che può aiutarci in questo compito: il Modello Iceberg.
La metafora dell’Iceberg, che forse non tutti sanno trae le sue origini da un piccolo libro di Hemingway ”Il principio dell’Iceberg”, è un’immagine che è stata applicata a diversi ambiti nel corso della storia, come quello letterario e a quello delle risorse umane. Ai più, però, é nota soprattutto per l’uso che se ne fa in psicologia per spiegare la struttura della nostra mente secondo il modello freudiano.
In questo libro, il Modello Iceberg descrive come i nostri comportamenti, ossia la parte di noi più visibile, siano in realtà la punta di un processo molto più complesso che ha inizio nella soddisfazione o meno dei nostri bisogni di base.
Il modello “Iceberg” dal libro sotto citato
Quindi il nostro agire, osservabile dagli altri, nasconde, subito sotto il livello dell’acqua, “pensieri ed emozioni”, che muovono le nostre azioni. Scendendo al di sotto dei pensieri e delle emozioni troviamo i nostri “valori” e le nostre “priorità” che influiscono, non poco, sui pensieri e sulle emozioni. Sotto a questi, ossia alla base di tutto: i “bisogni” soddisfatti o insoddisfatti.
Sono i bisogni a creare i filtri con i quali coloriamo il nostro modo di vedere e leggere noi stessi, il mondo e gli eventi che ci capitano.
Sono i nostri bisogni a creare i valori che a loro volta danno origine al modo in cui pensiamo e proviamo emozioni, le quali a loro volta generano i comportamenti.
Dalla base dell’Iceberg si innesca una serie di conseguenze sul modo in cui vediamo e rispondiamo al mondo; e dalla base dell’Iceberg derivano i nostri paradigmi.
Tutti noi nasciamo completamente vulnerabili e bisognosi di cure. La nostra sopravvivenza è completamente nelle mani di chi si prende cura di noi.
Dalla nascita oltre ai bisogni fisiologici di essere nutriti e accuditi, abbiamo una serie di bisogni psicologici che devono essere soddisfatti affinchè possiamo vivere e crescere in modo sano.
Quattro sono i bisogni di base fondamentali divisi a coppie polarizzate: da una parte c’è il ”bisogno d’amore e di appartenenza”, ossia il bisogno di percepire amore incondizionato, accettazione e riconoscimento. Dall’altra parte il “bisogno di autoespressione”, che significa sentirsi un essere indipendente che fa scelte autonome.
Un’altra polarità è costituita dal “bisogno di sicurezza”, quella sensazione di sentirsi al riparo da ogni pericolo. E la modalità in cui si concretizza questa sicurezza è la “prevedibilità”. Un ambiente sicuro è quello in cui il bambino ha la percezione che non solo oggi verrà sfamato e che la mamma ci sarà in caso di pericolo, ma che questo accadrà anche domani e nel futuro. Tuttavia se l’ambiente è sempre costantemente sicuro e prevedibile, può dare al bambino pochi stimoli necessari alla sua crescita. Ecco che all’altro polo troviamo il ”bisogno di varietà e imprevedibilità” che permettono al bambino di cimentarsi con le sfide utili al suo apprendimentoe di conseguenza al suo sviluppo.
Nei suoi primi mesi e anni di vita, ogni bambino ha come unica preoccupazione quella di ottenere la soddisfazione di questi bisogni (amore, espressione autonoma, prevedibilità e varietà) ed è fisiologicamente attrezzato, per mezzo del cervello rettiliano, a monitorare l’ambiente intorno a lui per identificare le fonti di soddisfazione dei bisogni oppure il pericolo che essi restino insoddisfatti.
La presenza dei bisogni è funzionale al nostro sviluppo perché ci fornisce lo stimolo ad agire, a cercare di ottenere quello di cui abbiamo bisogno evitando quello che è pericoloso per noi. Quando questi bisogni sono soddisfatti, lo sviluppo del bambino non ha limiti. Se invece uno dei bisogni è stato negato totalmente o anche parzialmente, ecco che si innescano i meccanismi di protezione e la paura. Questa paura, poi, colorerà tutti i livelli sovrastanti dell’Iceberg e influirà in particolar modo sulle relazioni.
Quando il bambino non ottiene i quattro elementi necessari alla sua sopravvivenza (amore, sicurezza, varietà ed autoespressione) percepisce il pericolo e reagisce immediatamente. Quando questi pericoli vengono vissuti in modo molto forte e continuativo, egli immagazzina nel suo corpo le sensazioni associate a quei pericoli e sviluppa un profondo bisogno insoddisfatto che da adulto verrà rivissuto in maniera ugualmente potente non appena si presenterà una causa scatenante.
Quando il bambino cresce, l’adulto che si sviluppa si porterà dietro un bagaglio di bisogni. Alcuni sono funzionali a farlo avanzare nella vita, perché costituiscono un potente motore motivazionale. Altri, ossia quelli soddisfatti in modo condizionato o negati, costituiranno, invece, la base di tutti i comportamenti non funzionali e di molte paure ad essi associate.
Per parlare di questo, appuntamento al prossimo post ……
liberamente tratto da:
G.D’Alessio – Il potere di cambiare – Ed.Rizzoli