Mandala di Tara
“Che lo sguardo di infinita compassione di Tara possa poggiarsi su ogni essere,
Possa la luce essere in tutti noi”
In occasione dell’inizio del piccolo corso formativo che Ri-trovarsi propone in modalità FAD, “pillole mandaliche: primi passi nell’Universo Mandala”, vorrei spendere qualche parola su questo strumento sacro e millenario che negli ultimi anni ha incontrato l’interesse di molte persone, più, però ahimè, a fini commerciali che non nel suo significato e utilizzazione originari.
Se proviamo a cercare il termine “Mandala” digitando su google oppure ci mettiamo ad esplorare un vocabolario specialistico, noteremo quanto sia difficile trovare una breve e completa definizione del suo significato.
Nella maggior parte dei casi il Mandala viene descritto come un “cerchio”, un “diagramma simbolico”, “uno schema rituale geometrico” o ancora in modo più semplicistico “un cerchio contenente un quadrato con un simbolo centrale”.
Oltre a questo potremo anche trovare ulteriori presentazioni che descrivono i Mandala come “simboli degli elementi cosmici utilizzati per supporto alla meditazione”, “modelli per particolari visualizzazioni” o ancora “strumenti per la scoperta di se stessi e per la meditazione del trascendente”.
Tutte queste definizioni che ho elencato contengono sì una parte di verità ma non sono sufficientemente esatte.
In linea di massima un Mandala (Kyil-khor) è un diagramma simmetrico, organizzato intorno ad un centro, e generalmente diviso in quattro quadrati uguali, esso è costituito da centri concentrici (Khor) e quadrati che hanno lo stesso centro (Kyil); in effetti una grande quantità di tracciati mandalici sono anche aiuti per la meditazione, la visualizzazione e l’iniziazione.
Il termine Mandala viene dal sanscrito e in tibetano è tradotta con Kyil-khor e letteralmente è una rappresentazione simbolica della “Dimora celeste di una divinità meditativa.”
Una importante fonte tibetana, menziona 4 tipi di mandala:
I Mandala esterni
- Composti con polvere colorata
- Dipinti su stoffa (Thangka)
Poi i Mandala prodotti durante la meditazione e infine il corpo inteso come mandala.
Essi sono una manifestazione del Buddhismo Tantrico e rappresentano il processo secondo cui il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consentono una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente.
Come ausilio visivo alla meditazione, il Mandala viene usato dal discepolo per visualizzare in modo simbolico i diversi piani della realtà e le loro reciproche relazioni durante la cerimonia di iniziazione.
Il fine ultimo di tale cerimonia è la discesa della forza divina nel neofita che così trasfigurato si può aprire all’auto-rivelazione della deità che alberga dentro di lui facendolo diventare non più spettatore, bensì attore dell’eterno e ciclico movimento di emanazione e riassorbimento, espansione e contrazione del cosmo.
Da questo si evince come la sacralità sia elemento imprescindibile del diagramma mandalico. Sacralità che si dispiega nel riflettere, attraverso le sue geometrie, la parte più intima e profonda di noi stessi ove regna la nostra deità.
Affascinato da questa tradizione antichissima fu anche Carl Jung, il grande analista svizzero, che, sull’argomento ha scritto 4 saggi dopo aver studiato i Mandala per oltre venti anni.
“Ogni mattina schizzavo in un taccuino un piccolo disegno circolare, un Mandala che sembrava corrispondere alla mia condizione intima di quel periodo[…] Con l’aiuto di questi disegni potevo di giorno in giorno osservare le mie trasformazioni psichiche. […] Solo un po’ per volta scoprii che cos’è veramente il Mandala : formazione, trasformazione della mente eterna e questo è il Sè, la personalità nella sua interezza”. C.Jung
Secondo Jung durante i periodi di tensione psichica figure mandaliche possono apparire spontaneamente nei sogni per portare o indicare la possibilità di un ordine interiore.
Il simbolo del Mandala, quindi, per Jung, non è solo un’affascinante forma espressiva ma, agendo a ritroso, esercita anche un’azione su chi lo disegna perché in questo simbolo si nasconde un effetto contenitivo molto potente: l’immagine ha lo scopo di tracciare un “magico” solco intorno al centro, un recinto sacro della personalità più intima, un cerchio protettivo che evita la “dispersione” e tiene lontane le preoccupazioni provocate dall’esterno.
Ecco che il Mandala diventa così il “contenitore dell’essenza” più profonda di chi lo pratica che entro i suoi confini può depositare tutto ciò che crea mal-essere e disordine trasformandone il caos attorno ad un centro aggregatore e unificatore.
Ma c’è di più; oltre ad operare al fine di restaurare un ordinamento precedentemente in vigore, un mandala persegue anche la finalità creativa di dare espressione e forma a qualche cosa che tuttora non esiste, a qualcosa di nuovo e di unico.
La psicologia analitica junghiana considera il Mandala una forma archetipica dell’inconscio, presente in tutte le culture e nella psiche individuale, dove rappresenta l’immagine simbolica del raggiunto equilibrio con il Sé, in una globalità interiore armonica ed equilibrata.
Il Mandala non basta dunque guardarlo e non è sufficiente neppure capirlo. Per essere “compreso”, deve essere praticato. Bisogna attraversarlo e lasciarsi attraversare.
E’ visibile ma rimanda all’invisibile, intessendo un’infinita rete di collegamenti e relazioni tra il manifesto e l’immanifesto, il conscio e l’inconscio, il particolare e l’universale.
Il Mandala è costruzione sintetica e dinamica volta a realizzare la convergenza dei piani dell’essere: dimensione cosmica, umana e divina trovano in esso la loro ricomposizione.
Poiché è l’integrazione dell’uomo nell’universo e dell’universo nell’uomo, psicogramma e cosmogramma che meravigliosamente si uniscono senza confondersi bensì mantenendo la loro unicità in un tutt’uno Indiviso.
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Crediti immagine: http://www.suryayoga.it/it/creazione-mandala-tara-prato.html