M.C. Escher – “Relativity”
Nel post precedente abbiamo visto come la consapevolezza di un bisogno spinga l’individuo ad organizzarsi in un’attività volta alla soddisfazione di tale bisogno secondo un processo che è definito “ciclo del contatto”. Segue poi la fase di ritiro, che corrisponde alla assimilazione e al dissolvimento della figura sullo sfondo. A questo punto l’individuo è pronto a dare inizio ad un altro “ciclo di contatto”, ad un’altra fase di ritiro, e così di seguito. Ogni volta che la persona non riesce a soddisfare un bisogno si interrompe il ciclo.
L’interruzione del contatto avviene quando l’eccitazione che dovrebbe sostenere l’azione nell’intero ciclo viene bloccata e l’energia che dovrebbe reggere il processo viene utilizzata per arrestarlo ed evitare così il contatto.
Il ciclo di contatto ha una durata e si sviluppa in una dimensione temporale secondo le seguenti fasi:
- Pre-contatto fondamentalmente una fase di sensazioni, durante la quale la percezione di fronte ad uno stimolo diventa quella figura che sollecita l’interesse e il bisogno di soddisfazione. In questa fase il Sé funziona in modalità “es”: “che cosa sento ora?”
- Contatto costituisce una fase attiva durante la quale l’organismo si prepara ad affrontare l’ambiente. In questo stadio il Sé funziona in modalità “io”, consentendo una scelta o un rifiuto delle diverse possibilità e di conseguenza un azione responsabile sull’ambiente: “che cosa voglio e cosa non voglio?”
- Contatto pieno è un momento di confluenza sana, di indifferenziazione tra organismo e ambiente, un momento di apertura o perfino di abolizione del confine contatto. C’è il pieno soddisfacimento del bisogno.
- Post-contatto, in cui si godono i benefici del contatto. E’ una fase di assimilazione che favorisce la crescita. In essa si “digerisce” l’esperienza. Il Sé funziona secondo la modalità “personalità”, integrando l’esperienza nel bagaglio della persona: “chi sono io? – cosa sono diventato?”
Infine, si torna alla fase di ritiro, nel “vuoto fertile” da cui potrà emergere un nuovo bisogno.
Nella realtà le cose non si svolgono così semplicemente: sono numerosi i cicli interrotti da un disturbo al confine-contatto. Questi meccanismi di difesa o di evitamento del contatto possono essere sani o patologici a seconda della loro intensità, flessibilità e del momento in cui si attivano. Essi sono nella maggior parte dei casi una sana reazione di adattamento. E’ solo la loro rigida persistenza in momenti inappropriati che costituisce un comportamento nevrotico.
Le principali modalità di interruzione del contatto sono:
- Confluenza: dove viene a mancare la percezione del confine, si produce una identificazione tra organismo ed ambiente, tra Io e Tu. La persona confluente non sa chi è, non conosce le proprie possibilità né quelle degli altri, non sa prendere la necessaria distanza dalle cose e dagli altri e, dunque, non riesce a diventare autonomo. Sul piano sociale, la confluenza impedisce qualsiasi confronto e qualsiasi contatto autentico che implica invece la differenziazione tra due persone distinte. Qualsiasi rottura brutale della confluenza comporta un ansia intensa spesso associata a senso di colpa. Le persone confluenti hanno difficoltà a separarsi, a dissentire, tendono a rinunciare alla responsabilità personale, usano molto il “noi”. In questo caso l’interruzione nel ciclo di contatto avviene prima di una nuova eccitazione.
- Introiezione: colui che introietta fa ciò che gli altri vorrebbero che lui facesse; egli impiega la propria energia incorporando passivamente ciò che l’ambiente gli fornisce,“ingerisce”, senza discriminazione, norme, valori, atteggiamenti, pensieri altrui. La persona che introietta tende a muoversi come l’interlocutore, a dire sempre di sì, a ricercare delle regole (“dimmi come devo fare”, “dammi un consiglio”); i suoi verbi più comuni sono “devo”, “non posso”. L’interruzione nel ciclo di contatto avviene durante l’eccitazione. L’atteggiamento verso l’ambiente è rassegnato, infantile e disposto ad accettare.
- Proiezione: in questo caso è l’organismo che oltrepassa il confine, invade l’ambiente, attribuisce all’altro ciò che è suo. L’individuo che proietta fa agli altri ciò che egli rimprovera loro di fare a lui; egli non può accettare i propri sentimenti e le proprie azioni, perché “non dovrebbe” sentire né agire in un certo modo. L’attenzione delle persone che proiettano è molto spostata sull’esterno. Esse hanno un carico emotivo enfatizzato, spesso sono soggetti istrionici e borderline, hanno spesso un linguaggio valutativo (attribuire etichette), estremizzante, polarizzante. L’interruzione nel ciclo di contatto avviene solitamente nella fase di mobilizzazione dell’energia: la persona sente l’emozione ma essa è libera e dal momento che non scaturisce da lui stesso, essa viene attribuita all’ambiente.
- Retroflessione: consiste nel rivolgere verso se stessi l’energia mobilitata, nel fare a se stessi ciò che si vorrebbe fare agli altri oppure nel fare a se stessi ciò che vorremmo che gli altri ci facessero. Coloro che retroflettono tendono a rimuginare, riflettere, trattenere, tendono a essere autoreferenziali, hanno una modalità relazionale irrigidita, chiusa. L’interruzione nel ciclo di contatto avviene solitamente durante il contatto pieno e post-contatto. La retroflessione cronica è all’origine di diverse somatizzazione ad esempio : mi provoco dei crampi allo stomaco e perfino un’ulcera a forza di padroneggiare la mia collera o il mio rancore.
- Deflessione: consente di evitare il contatto diretto, deviando l’energia. Si tratta di un atteggiamento di fuga, di evitamento. Colui che deflette riduce il contatto attraverso l’uso di circonlocuzioni, il parlare troppo, il ridere su ciò che si dice, il non guardare direttamente la persona con cui si parla, l’essere astratti piuttosto che specifici, il non arrivare al dunque, il parlare del passato quando il presente è più rilevante, il parlare “su” piuttosto che parlare “a”.
- Egotismo: in questo caso si tratta di un deliberato rinforzo del confine-contatto, di una ipertrofia dell’Io, una consapevolezza incessantemente vigile sui propri processi di adattamento creativo. Esso è fondamentale durante il processo di crescita dell’individuo, come elemento motore affinchè la persona si faccia carico di se stessa e conquisti l’autosufficienza. Può , tuttavia, evolversi in negativo allorchè si produca un atteggiamento cronico ed irrigidito di chiusura al mondo esterno con perdita della funzione Io, della possibilità cioè di discriminare gli stimoli ed attuare le scelte più idonee all’individuo
L’obiettivo di un percorso di Counseling potrebbe essere quindi quello di ristabilire il naturale flusso della soddisfazione dei bisogni lavorando sulla presa di consapevolezza del bisogno che emerge dallo sfondo. Aiutare il cliente ad ampliare il suo sentire , accompagnandolo nel far emergere le risorse necessarie al superamento degli ostacoli che impediscono il libero e naturale scorrere dell’energia che porta all’azione responsabile del proprio benessere.