In vista della lezione che terrò domani al corso Triennale di Counseling di ADYCA, la scuola che gestisco insieme alla mia collega e prima ancora sorella nel cuore Lucilla, un breve viaggio nello “Stress” anticamera del Burn-out , “esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano soprattutto le professioni d’aiuto , qualora queste non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro li porta ad assumere” (definizione da Wikipedia)
Emicrania, spossatezza, insonnia, ansia, depressione, disturbi e dolori che vanno e vengono che ci assillano …. Da qualche tempo questi fastidiosi sintomi sembrano essere diventati, per molti di noi, un fenomeno all’ordine del giorno.
All’inizio non ci facciamo caso, li attribuiamo alla solita influenza di passaggio. Ma loro persistono, e quando accade che ci alziamo la mattina e la tensione e il mal di testa sono già lì ad aspettarci, scatta l’allarme. Non saremo malati? Che virus abbiamo contratto? Cosa ci sta succedendo?
Sì, troppo spesso è solo quando lo stress è già diventato malattia che ci rendiamo conto che non siamo macchine, non siamo robot, e che adeguarsi supinamente alle direttive del mondo non è affatto una scelta saggia.
La patologia da stress, a oggi, ha finito per assumere proporzioni davvero epocali. Tutti ne parlano e tutti (o quasi) … ne soffrono o ne hanno sofferto.
E abbondano le ricette, anche le più semplicistiche: lavoriamo troppo, dobbiamo staccare la testa dagli impegni, godiamoci i moneti di pausa. Tutte cose di buon senso ma che rimangono alla superficie del problema. Perché l’origine va sempre trovata dentro di noi, nei nostri atteggiamenti, nel modo in cui noi gestiamo, lasciando fluire o invece deviando, il fiume della vita che scorre dentro di noi. Nel modo in cui sappiamo assecondarlo, o al contrario lo ostacoliamo con i nostri giudizi su cosa è giusto o sbagliato fare, su come si deve e non si deve essere. Tutte le idee della mente che ci siamo formati nell’educazione o i luoghi comuni che ci condannano ad essere perennemente all’inconsapevolezza e … allo stress.
Non ci si salva smettendo di agire, ma imparando ad agire e basta, a essere completamente nell’azione, senza ansie, secondo fini, obiettivi futuri, rimpianti passati che colorano di grigio o sviano i nostri comportamenti. Come ci hanno insegnato le grandi tradizioni orientali non ci sono azioni buone o cattive, azioni banali o sublimi. Anzi, l’errore è proprio nella nostra mente che divide e giudica.
Così, non siamo mai soddisfatti dell’ora, del presente, dell’azione che ci sta occupando. Pensiamo sempre che la cosa in cui siamo impegnati non sia degna di noi, che sia una perdita di tempo, e rimandiamo la felicità al futuro, quando si realizzeranno i nostri sogni, quando faremo cose che nella nostra mente giudichiamo “migliori”, o quando, al colmo della delusione, non faremo proprio nulla, e potremo riposare e restare immobili.
Ma se noi rinunciamo alla pienezza del presente, se agiamo con la testa che ci porta via dal qui e ora, noi ci condanniamo all’esaurimento, alla fatica immane e allo stress.
Solo una mentalità molto piccola può pensare che “le cose” siano buone o cattive, alte e basse, degne e indegne. Niente affatto! Noi, ognuno di noi, crea il degno e l’indegno.
Se noi ci dedichiamo a sognare qualcosa di diverso da ciò che siamo, vivremo nel sogno e perderemo la vita.
Questa consapevolezza è la cosa più difficile, ma anche l’unica che può liberarci davvero.
Perché al di là delle cause e dei condizionamenti esterni rimane il fatto che lo stress più pericoloso e difficile da eliminare è proprio quello “autoprodotto”: attraverso abitudini e atteggiamenti mentali sbagliati che ci portano ad allontanarci dal ritmo spontaneo e naturale della nostra affettività, del corpo e della vita stessa…..
(continua nel prossimo post….)