“ Il rispetto di sé è la convinzione del proprio valore “ N.Branden
Accettare non significa essere d’accordo. Significa ricevere di buon grado, ammettere, approvare, ma anche sopportare serenamente. Sto parlando di accettare noi stessi. Accettarsi è costitutivo della convinzione di essere degni di felicità. E’ parte integrante , fondamentale dell’autostima,. Possiamo essere disponibili a cogliere il nostro Vero Sé, se riconosciamo e accettiamo le nostre luci e le nostre ombre, se riusciamo anche a riconoscere il nostro Falso Sé.
Quando amiamo veramente una persona, l’amiamo nella sua interezza. Gli amori che falliscono e diventano tragedie di odio sono quelli in cui si vuole cambiare l’altra persona, recidergli i difetti come arti in cancrena o nemici da abbattere. Abbiamo bisogno di sentire, vedere , avere consapevolezza anche dei sentimenti, delle emozioni, persino dei pensieri che una parte di me vorrebbe cacciare dalla coscienza, ma che pure sono presenti. L’accettazione di Sé fondata sul ri-conoscersi è la condizione necessaria per cambiare, correggersi, auto superarsi, crescere.
Molti di noi si vergognano dei sentimenti che provano. Invece di essere felici di incontrare la persona che amano , entrano in una situazione di imbarazzo. E’ come se si avesse paura che quel sentimento possa venire fuori. Provano un senso di inadeguatezza e timore. Si sentono vulnerabili e si detestano nel provare questo disagio.
Accettarsi non significa giustificarsi quando sappiamo di avere sbagliato; non significa assolvere completamente la nostra condotta. Significa prenderne atto. Prendere atto dei pensieri negativi oltre che di quelli positivi, di ciò che sento senza giudicarmi a priori o negare di provare quei sentimenti. Non c’è nulla dentro di noi che non ci appartiene, che non è autentico. Il nostro sé è autentico sempre anche quando dice bugie.
Prendere atto di chi siamo non vuol dire diventare indulgenti, significa predisporsi a costruire il vero Sé. Amare noi stessi comunque, in modo incondizionato, accettarsi e prendere atto di chi siamo non mette in discussione ma agevola la nostra capacità di imparare, di migliorare, di diventare più felici.
Sentire la propria tensione all’autorealizzazione e accettarsi come esseri umani significa rispettarsi.
Sentirsi, accettarsi, rispettarsi significa nutrire la convinzione base dell’autostima, ovvero che la nostra vita e il nostro benessere valgono la pena di essere sostenuti, protetti e perseguiti.
Lo scopo più importante della nostra vita è la felicità e il bene che deriva dalla nostra realizzazione personale. Essere convinti di questo significa schierarsi dalla propria parte come una mamma sta dalla parte del bambino. Si tratta di darsi un valore autentico e fondato. Significa amarsi, essersi amici, mostrarsi rigorosi ma anche comprensivi. Amarsi in tutti gli aspetti significa ricercare attraverso il proprio volersi bene anche la propria specifica e magnifica unicità.
La base della scarsa autostima è la paura. E la paura genera solo il bisogno di sicurezza non certo la spinta creativa.
La paura genera reazione, l’amore per sé genera pro-attività. La reazione è sempre una forma di fuga. Si reagisce agendo senza pensare. Ci costringe a prendere atto che non abbiamo scelta. Fuggiamo e attacchiamo senza darci la possibilità di riflettere. Qualunque stimolo interno (sensazione, emozione, sentimento) o esterno (pericoli, minacce, opportunità, vantaggi) genera un’ azione, che non è scelta ma intuita e praticata.
Dice Covey : “finché una persona non riesce a dire con convinzione profonda e con onestà: “Io sono quello che sono oggi a causa delle scelte che ho fatto ieri”, non può nemmeno dire: “Adesso scelgo altrimenti”»
La proattività è una conquista che matura di giorno in giorno, partendo dai piccoli eventi per arrivare alle grandi cose, proprio come nel caso di un campione di una disciplina sportiva che si allena assiduamente, a livello fisico e mentale, sui dettagli della tecnica di esecuzione del suo esercizio allo scopo di perfezionare il gesto atletico durante le competizioni. L’atleta proietta nel futuro le sue azioni e si vede vincente, si immedesima nel successo; la persona proattiva, parimenti, deve credere fermamente in tutto ciò che fa, coerentemente con i suoi valori, obiettivi e modelli mentali, e deve saper imparare con rapidità dai propri errori, per dominare e vincere.
La pro-attività ci permette di sospendere le azioni che derivano da stimoli interni ed esterni e di pensare, elaborare, creare, decidere tutta una serie di potenziali azioni, risposte, agiti.
La potenzialità di base esistenziale è l’autorealizzazione, mentre la pro-attività, che concerne il nostro afflato creativo, è una potenzialità operativa di base. Sono istinti e anche bisogni da esprimere. Sono propri di ogni individuo in quanto appartenente alla specie umana.
Ma come ogni cosa umana sono oggetto di scelta e di cura, così come possibili oggetti di rinuncia, distruzione, auto privazione. Contesti e relazioni possono alimentarle, svilupparle, renderle esistenze e attività concrete, oppure possono impedirle, disprezzarle o reprimerle.
In ultima analisi possiamo dire che l’autorealizzazione e la pro-attività sono sempre scelte che incontrano nell’ambiente vincoli e opportunità.
Per essere tali devono essere in primo luogo coscienti e dunque attività concrete. Dal regno delle potenzialità devono arrivare al regno della realtà operativa ed esistenziale concreta.
L’opinione che abbiamo di noi stessi dipende dai nostri pensieri. Liberarsi dai propri schemi mentali negativi significa cambiare il corso della propria vita. E’ quindi fondamentale imparare a rispondere ai problemi e agli stimoli in modo proattivo, trasformandoli affinché diventino di aiuto e non di ostacolo per creare la vita che desideriamo.