“La consapevolezza è un processo al quale tutti noi siamo chiamati ad aderire: nessuno ci ha educati all’amore, nessuno ci ha insegnato ad AMARE. Semplicemente, ognuno di noi ha come modello di relazione quello dei genitori e, più o meno inconsciamente, tende a vivere le sue relazioni affettive o replicando il primo o creandone uno diametralmente d opposto. Quello che ci hanno insegnato con la nostra educazione (il comportarci bene, l’avere buone maniere, avere regole e valori), non è assolutamente sufficiente. La mancanza di consapevolezza è una delle cause dell’infelicità umana che ci porta sempre a fare gli stessi errori perché vengono ignorati i meccanismi sottostanti. Spesso non siamo neppure consapevoli dei nostri bisogni affettivi e delle nostre paure e nella relazione di coppia, proprio dove questi vengono maggiormente amplificati, questa non conoscenza porta a enormi sofferenze”
(http://www.buonerelazioni.it/2011/02/07/la-consapevolezza-nelle-relazioni-damore/)
Quando entriamo in una relazione amorosa lo facciamo con aspettative e desideri più o meno espliciti. Sappiamo bene quali sono i nostri? E quelli del nostro partner? E sappiamo bene che nessuno è su questa terra per rimarginare le nostre ferite ? E che è necessario chiedere al partner se vogliamo che i nostri bisogni siano soddisfatti?
Molti tutto questo non lo sanno, o preferiscono evitare di saperlo, e, se qualcosa li turba, si aspettano dal loro partner completa disponibilità e comprensione illimitata senza esplicitare nulla. Non si rendono conto che anche il loro partner ha lo stesso desiderio, e neppure di quanto raramente riesca a soddisfarlo. Psicologicamente non si sono mai evoluti oltre lo stadio della relazione genitore-figlio, che è essenzialmente asimmetrica : il figlio prende, il genitore dà incondizionatamente.
Tutti noi abbiamo la responsabilità all’interno di una relazione; è necessario avere ben chiaro se la qualità dello scambio ci soddisfa e in caso contrario , se pensiamo che ci siano margini di recupero confrontarci, dialogare. L’intento deve essere quello di imparare qualcosa, crescere e non di giustificare i propri comportamenti . Difendere a tutti i costi le nostre posizioni è contrario alla consapevolezza.
Parlate con due persone innamorate da anni e scoprirete che agiscono nei confronti dell’altro con un alto livello di attenzione. Non danno mai nulla per scontato. Rimangono consapevoli dei valori e dei tratti che li hanno fatti innamorare inizialmente, e li rilevano nei loro incontri e nel loro interagire di ogni giorno. Hanno mantenuto la capacità di vedere e apprezzare. Il loro amore è attivo mentalmente. Se, al contrario, si è passivi mentalmente, nessuna eccitazione può durare, né l’amore romantico, né nessun altra passione. Se la passività mentale è la normalità e la consapevolezza attiva l’anormalità, l’idea di un amore durevole può essere percepita solo come un illusione, e la nostra condizione abituale è la noia.
Se amiamo consapevolmente sappiamo che il modo in cui reagiamo al partner comporta un continuo processo di scelta. Se il mio compagno esprime un desiderio, sono consapevole di come reagisco e di effettuare una scelta. Se il mio compagno esprime un bisogno, qualunque cosa io scelga di fare, la faccio consapevolmente. Inoltre, non eleggo il mio umore del momento ad autorità massima o guida infallibile delle mie reazioni.
A volte, nonostante tutta la mia buona volontà, non riesco a fare quello che il mio partner mi chiede, ma questo non mi impedisce di trattare i suoi desideri con rispetto. Posso comunicargli che lo amo anche quando non mi sento di assecondarlo.
Ognuno di noi mette nell’amore un diverso livello di consapevolezza. Alcuni, la minoranza, ce ne mettono moltissima, ma la maggioranza tollera in quella che dichiara essere la relazione più importante della propria vita un livello di non-consapevolezza veramente scioccante. Per queste persone, la “casa” è dove vanno a riposare dalla faticosa giornata di lavoro.
Amare consapevolmente non significa sottoporre la relazione ad una continua analisi. Spesso questa “analisi” è un esercizio che ha ben poco a che fare con la consapevolezza. Bisogna invece saper Vedere ed Ascoltare. Prestare attenzione. Dare un chiaro feedback. Osservare le proprie emozioni e quelle del partner. Osservare la qualità della comunicazione. Notare il carattere della relazione così come viene ricreata ogni giorno.
Una delle cose più significative da osservare è la gestione dei conflitti. Nei momenti di frizione, chi fa che cosa? Si cerca di trovare una soluzione o un colpevole? Si prova a capire o ci si critica a vicenda? Le differenze vengono viste con benevolenza o con paura ed ostilità? Che cosa è più importante: proteggere il rapporto o giustificare se stessi? Se ci si allontana, chi fa il primo passo per ri-avvicinarsi? Che cosa fa l’altro nel frattempo?
Se quello che vediamo non ci piace, possiamo provare comportamenti diversi. Ma questa possibilità esiste solo se vediamo con chiarezza i nostri comportamenti attuali. Se la radice di tutti i mali è la negazione della realtà, la radice di tutte le virtù è il rispetto di essa.
Quanto sei consapevole tu che leggi queste righe? Stai facendo un paragone con la tua vita? Oppure l’intero discorso fluttua nel regno remoto e prudente dell’astrazione?
Anche in questo caso possiamo osservare la relazione reciproca tra autostima e vivere consapevolmente: più la nostra autostima è alta, più è probabile che operiamo consapevolmente all’interno della relazione amorosa. E più operiamo consapevolmente, più alimentiamo la nostra autostima. Ecco perché una relazione può essere veicolo di crescita personale. Accettando questa sfida, si cresce anche come persone …..
Ricordiamoci che “la premessa fondamentale è che tutte le nostre relazioni sono basate su quella che abbiamo con noi stessi. Non possiamo infatti imparare ad amare gli altri se non riusciamo ad amare noi stessi” (http://www.buonerelazioni.it/2011/02/07/la-consapevolezza-nelle-relazioni-damore/)