Perfezionisti …. perchè?

perfezionismo 2

“Il più vicino alla perfezione è colui che riconosce consapevolmente i propri limiti” Goethe

Il “Perfezionismo” argomento gettonato in questo tempo dove “l’aurea mediocritas” ossia “l’aurea moderazione” di oraziana memoria e il “sufficientemente buono” di Winnicott sembrano sparire in un universo scintillante di esseri ossessionati dalla perfezione e in preda a sensi di colpa se non riescono a raggiungerla.

da qui l’idea di alcuni post per andare a vedere la “perfezione” nei suoi versanti realistico/funzionale e irrealistico/ disfunzionale più da vicino …..

Non nasciamo perfezionisti, lo diventiamo. Il perfezionismo plasma la nostra personalità. Se ci sviluppiamo così e continuiamo ad esserlo nonostante gli inconvenienti vuol dire che ci sono dei validi motivi.

Il perfezionista continua a spingersi oltre e non riesce ad apprezzare l’istante presente, perché si proietta continuamente in un futuro nel quale conclude tutto ciò che ancora non ha concluso. Così facendo, egli, raggiunge un confine che, una volta varcato, lo porta ad arretrare. E’ come se si spingesse troppo oltre: raggiunge il bene, ma invece di fermarsi vuole il meglio e consegue così il meno bene e continuando ad insistere finisce per ottenere il peggio.

Questa rincorsa all’Io Ideale si conclude con il fallimento di chi, non conoscendo i propri limiti li oltrepassa. Ne è un esempio il fenomeno del “burn-out”: a furia di volere sempre di più, si arriva ad uno stadio in cui si “crolla”, per ritrovarsi “bruciati dentro”, senza riuscire a fare più niente

La storia personale del perfezionista è caratterizzata, spesso, da un’infanzia vissuta all’insegna delle critiche. Quasi sempre criticato per i propri sbagli e raramente premiato per le proprie conquiste. Questa continua esposizione alla critica porta anche alla creazione del  “dialogo interno negativo”: una vocina dal tono giudicante e cinico che, durante la giornata, ci recita lunghi elenchi di fallimenti, che ci spinge ad essere spietati con noi stessi e a pretendere l’impossibile dagli altri con il conseguente altissimo livello di stress e tensione che ne deriva.

Perché quindi insistere a queste condizioni?  A parte il fatto che cambiare non è facile e richiede un modo di pensare decisamente diverso, il motivo risiede nel fatto che questo comportamento risponde ad imperativi che riprendono i tratti essenziali dei tre tipi di perfezionisti descritti nel post precedente. Come i suddetti tipi, anche tali ragioni possono coesistere a varie intensità nella stessa persona oppure prevalere una sull’altra.

Vi è innanzitutto una componente narcisistica che risponde ad un bisogno di valorizzazione. Nell’amore condizionato si ha il seguente discorso: “Non esisto e non mi amo fintanto che non divento perfetto o che non raggiungo un livello che reputo perfetto”. Per contrastare questa introiezioni è necessario imparare sia ad amarsi senza dipendere completamente da ciò che si compie, sia distinguere tra l’essere e il fare.

Il perfezionista prova anche un eccessivo bisogno di placare la propria ansia. Prevedere i minimi dettagli e stanare gli errori gli permette di lasciare meno spazio possibile agli imprevisti, così da far fronte ad ogni situazione e calmare la paura dell’ignoto che lo domina.

Il terzo motivo è il timore del rifiuto, secondo il principio “sono amato e accettato se risulto perfetto e mi comporto perfettamente”. Il meccanismo è sempre quello dell’amore condizionato e a comandare ancora una volta è la paura. Più del fatto di essere amati e accettati, a prevalere è la paura del rifiuto, che si cerca di placare diventando perfetti.

Insomma possiamo dire che un perfezionista rimane tale perché non ha trovato nulla di meglio per calmare la sua paura.

Ha bisogno di esistere ai propri occhi e agli occhi degli altri; la risposta a questo bisogno è ESSERE PERFETTO . Essere eccellente non è sufficiente, bisogna fare di più.

Esistono tuttavia dei casi in cui questo meccanismo permette davvero di dare il massimo e non arrivare al peggio. Sarebbe interessante scoprire dove si trova il confine e che cosa differenzia il sano perfezionismo dal perfezionismo “malato” o addirittura patologico …

….. continua a seguirmi ….

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