“Il vero cambiamento, la vera rivoluzione avviene abbandonando il noto per l’ignoto… ; sostituire al noto qualcos’altro che conosciamo non è un cambiamento.” Krishnamurti
A volte succede che qualcuno che mangiava in modo compulsivo, si controlli e mangi poco; o che un tipo antipatico impari tecniche di seduzione e diventi più simpatico; che un violento riesca a nascondere la sua violenza; un maleducato vada ad un corso di buone maniere e impari finalmente come si sta a tavola e come ci si esprime correttamente.
Questi tipi di “cambiamento” sono superficiali e apparenti, possiamo dire “cosmetici”: le rughe continuano ad esserci, le abbiamo soltanto dissimulate o abbiamo imparato a non mostrarle.
Forse la persone ha pensato che si sarebbe sentita meglio nel nuovo modo e invece verifica, sicuramente con rammarico, che esso non le ha recato più felicità o benessere; ha soltato resa più profonda la disillusione.
Il nostro obiettivo è quello di imparare a differenziare il cambiamento apparente e immaginario dal cambiamento profondo. Per questo è necessario rinunciare ai cambiamenti fasulli; sche sono solo barlumi di colore senza sostanza e imparare a percepirli come tali.
Ad un livello più sottile, il cambiamento è un’altra cosa; è quello chiamato “trasformazione”, che avviene nei piani interiori e che arriva come conseguenza di una presa di consapevolezza, frutto di un serio processo di riflessione e di autoconoscenza.
Questo cambiamento lo chiamiamo trasformazione perché c’è stato qualcosa che ci ha cambiato a partire dal più profondo di noi stessi e fino al più profondo di noi stessi, qualcosa che ci ha fatto accedere ad un altro livello di coscienza.
Per esempio, cresciamo nella coscienza della nostra responsabilità individuale quando smettiamo di accusare i nostri genitori come responsabili della nostra situazione, quando comprendiamo invece di giudicare, quando compiamo un’azione invece di lamentarci, quando ci consideriamo esseri adulti che possono scegliere il loro comportamento ed assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Usando una metafora proviamo a paragonare l’uomo, con le sue caratteristiche particolari, la tipologia del suo corpo e i suoi talenti, ad uno strumento musicale. Allora: la chitarra è di legno e ha una cassa di risonanza particolare, il flauto è di metallo e ha la capacità di produrre un suono al passaggio dell’aria attraverso le sue aperture.
Anche noi esseri umani abbiamo forme e caratteristiche diverse, che non possiamo cambiare, che dobbiamo conoscere, ri-conoscere, accettare come il nostro bagaglio e la nostra forma. Possiamo così utilizzare il nostro strumento, chitarra, flauto o qualunque altro strumento, per compiere la nostra missione particolare, cioè il ruolo che ciascuno di noi occupa nell’orchestra.
Il problema sorge quando la chitarra vuole essere potente come un tamburo e il trombone delicato come un flauto. E’ l’inganno delle forme e del confronto, al posto della comprensione che ciascuno è perfetto così come è, che il cambiamento non ha nulla a che vedere con un cambiamento di forma o di apparenza, bensì con la crescita nello sviluppo del proprio potenziale e nello svolgere al meglio il ruolo che abbiamo scelto.
Che la chiave è fare del propri meglio nel luogo che è toccato a ciascuno, secondo le proprie caratteristiche e secondo le circostanze.
Nella metafora dello strumento possiamo essere un violino più o meno accordato ma saremo sempre un violino. Abbiamo bisogno di imparare a rispettare il corpo che abbiamo e ad accettare che c’è una sofferenza necessaria ed inevitabile.
Quando comprendiamo chi siamo come strumento, quali sono le nostre possibilità e quale è il nostro suono, allora smetteremo di credere che un destino sia migliore o peggiore di un altro, che sarebbe meglio o peggio avere un’altra forma e saremmo più o meno felici se fossimo qualcun altro invece che essere noi stessi …..
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