Senza l’esperienza vissuta degli opposti, non ci può essere l’esperienza della totalità.
Ernst Jùnger
Una riflessione dopo una sessione con una cliente per cui la “fragilità” vuol dire frammentazione, rottura, paura di perdersi …….
Due energie interiori ci animano. Potrebbero sembrare in opposizione, ma fanno parte dello stesso movimento del nostro essere profondo. Così come ritroviamo la fragilità nella potenza, ritroviamo la potenza nella fragilità.
Queste energie, anche se sembrano in opposizione, sono totalmente compatibili e soprattutto complementari. Da esse dipende l’armonizzazione del nostro essere.
All’immagine della natura che comprende le forze del cielo e della terra, del sole e della luna, il nostro corpo presenta un lato destro e un lato sinistro, una parte superiore e una inferiore. Anche il nostro sistema nervoso centrale funziona in base a coppie di opposti: il sistema parasimpatico, collegato all’emisfero sinistro del nostro cervello, sede della logica, del calcolo e degli aspetti più razionali e il sistema simpatico, collegato all’emisfero destro, sede della ricettività e dell’ascolto.
Siamo fondati sulla dualità e facendone interiormente l’esperienza cerchiamo istintivamente di accoppiarci.
Jung ci dice che nasciamo uniti e che è l’atto della nascita che ci fa conoscere la nostra prima separazione dalla matrice.
Da quel momento in poi, cerchiamo immediatamente di ristabilire il contatto con l’altro che, all’origine, era nostra madre.
Così, dal momento in cui la nostra vita ha inizio, cerchiamo di ri-creare l’unità con l’altro, unità che abbiamo conosciuto, a meno di esperienze traumatiche, nel corso della nostra vita intrauterina.
Ovviamente la divisione sarà tanto meglio vissuta se la diade con la madre sarà stata serena. La nostra divisione segue la costruzione della nostra personalità di bambini, adolescenti e poi di giovani adulti, tutto questo nostro malgrado.
Può perfino sfociare in un divorzio con la nostra natura profonda, perché crescendo costruiamo un “altro me stesso”, una falsa personalità per fronteggiare le varie “ferite d’amore” a cui possiamo andare incontro. Ecco perché più avanziamo con l’età, più possiamo sentire il bisogno di riunificarci sul filo di quello che Jung definisce il cammino dell’individuazione.
Gli avvenimenti esteriori possono aiutarci grazie alla sincronicità, grazie al nostro mondo interiore, attraverso sogni e sintomi.
Questo appello a ri-trovare se stessi è ritmato come il movimento di un bilanciere. La dualità che ci anima assomiglia ad un orologio interno il cui bilanciere s’aggiusta per permettere l’unione degli opposti, l’unione delle forse contrarie e complementari: sole e luna, maschile e femminile, conscio e inconscio.
Questa unione non può essere vissuta che a partire dall’asse dell’amore, perché esso solo ci permette di sviluppare una posizione interiore fondata sull’armonizzazione delle forze in opposizione.
Agire l’amore a partire da un’armonia tra gli aspetti più profondi di sé permette allo slancio dell’amore di metterci al mondo.