Per capire in che modo si forma la nostra personalità dobbiamo guardare nel nostro passato e considerare come certi processi mentali uniti alle risposte che abbiamo ricevuto dall’ambiente e a fattori costituzionali innati l’abbiano via via forgiata. Finchè continueremo tuttavia a pensare che, siccome siamo adulti, la nostra personalità sia già del tutto definita, sarà veramente difficile riuscire a cambiarne certi aspetti.
È più giusto considerare la nostra personalità, e in particolare la parte che afferisce alla nostra identità, ossia alla concezione che ho di me stesso, non come una struttura rigida e definita, ma come un processo dinamico.
Se l’identità, quindi, è un processo dinamico, devono ovviamente esserci delle forze che via via sono in grado di costruirla, che le danno stabilità e che possono anche alterarla. Se vogliamo intraprendere un processo di cambiamento personale, è importante capire questo gioco di forze.
Per focalizzare meglio l’origine della nostra identità, cerchiamo nella memoria della nostra infanzia il ricordo di un’estate trascorsa al mare. Più di una volta ci sarà capitato di avvicinarci alla riva per fare un disegno sulla sabbia. Vi ricordate il dispiacere che provavamo quando un’onda più forte del previsto cancellava in un attimo la figura che avevamo disegnato ?
Qualcosa di simile accade nella costruzione della nostra identità , o, per meglio dire, nel modo in cui ci definiamo a descriviamo a noi stessi.
Con il tempo creiamo qualcosa di simile alla figura disegnata sulla sabbia, che in questo caso sarebbe il nostro autoritratto. Ogni volta che diciamo ” io sono così” e ” io non sono così” aggiungiamo nuove sfumature al quadro, a quella figura fatta di sabbia. È facile quindi dedurre che tutti i nostri comportamenti e tutte le nostre azioni saranno in stretta relazione con il modo in cui vediamo noi stessi.
Per definire noi stessi prendiamo informazioni da fuori, e ovviamente dalle persone che ci stanno intorno,. Ogni volta che qualcuno usa nei nostri confronti il verbo “essere”, ci fornisce una parte dell’informazione che utilizzeremo per costruire il nostro autoritratto.
Ad esempio se qualcuno che per noi rappresenta una grande autorità dice:” perché ci provi se non ne sei capace!” il suo commento può modificare l’immagine di noi stessi che via via ci stiamo costruendo.
In realtà nessuno è veramente consapevole di quanto sia importante cosa mettiamo dopo il verbo “essere”,visto che è proprio a partire da questo verbo che costruiamo gran parte di quello che modella la nostra identità.
La cosa più logica sarebbe capire che il nostro autoritratto non è altroché una rappresentazione che ci siamo fatti di noi stessi, ma che noi, in realtà, siamo molto di più.
Tuttavia non ci rendiamo conto di quanto tendiamo a identificarci con questa immagine che abbiamo di noi, dal momento che ce la costruiamo nelle prime fasi della nostra vita.
Quando questo autoritratto sarà ben definito e la vita ci offrirà un’occasione sotto forma di sfida, allora consulteremo la nostra immagine come se si trattasse di uno specchio magico capace, a seconda di chi siamo, di rivelarci se saremo in grado o no di affrontare questa prova. Se lo specchio ci risponderà di no, saremo invasi da un senso di inadeguatezza e di incapacità che ci inibirà completamente.
Se un qualsiasi evento della vita, o semplicemente un’altra persona, cerca di cambiare l’immagine che ci siamo creati, noi cercheremo di opporci proprio come il bambini si oppone all’idea che l’onda del mare possa cancellare la figura che con grande fatica ha disegnato sulla sabbia.
D’altra parte noi siamo convinti di essere quell’immagine: non capiamo che si tratta solo di una rappresentazione e che in realtà noi siamo molto di più. È incredibile fino a che punto possiamo opporci al cambiamento. È facile capire come mai abbiamo così tanta paura del cambiamento: sappiamo che, se l’immagine cambia, non saremo più in grado di riconoscere noi stessi.
Come è possibile che l’essere umano, che pur si considera così intelligente, possa cadere in una simile trappola? Semplicemente perché è lui stesso a crearla, senza nemmeno rendersene conto.
Noi esseri umani ci costruiamo una rappresentazione di noi stessi e ce la teniamo ben stretta, non vogliamo lasciare la presa. E per questo c’è una ragione profonda: se l’immagine con la quale ci eravamo identificati scompare, abbiamo la sensazione di morire, di scomparire anche noi.
In realtà non è vero che le persone non possano cambiare; e invece, senza nemmeno rendersene conto, si oppongono terribilmente al cambiamento.
È come se un bruco si opponesse all’idea di vedersi trasformare in farfalla. Immagino che, nel momento in cui il bruco entra in quello spazio scuro e indefinibile che deve essere il bozzolo, sia unicamente la fiducia nell’intelligenza superiore della natura a indurlo a rimanere là dentro e farlo entrare nella sua fase di crisalide. Quando il bozzolo si aprirà, al posto del bruco uscirà una farfalla. Non è avvenuto soltanto un cambiamento, ma una vera e propria trasformazione. Anche se non lo sapeva la sua identità di bruco contemplava la possibilità di volare. Tuttavia solo dopo la trasformazione in farfalla questa possibilità è diventata una straordinaria realtà.
In modo analogo, se solo mettessimo a frutto il nostro potenziale,molte cose sarebbero possibili, ma di fatto non lo sono, poiché non appaiono sensate e ragionevoli dal punto di vista della nostra identità.
Eppure la possibilità di volare, che non è nè sensata nè ragionevole dal punto di vista del bruco, lo è perfettamente da quello della farfalla.
In altre parole, ogni identità possiedi un unico angolo di osservazione, e non potrà averne un altro a meno che non siamo disposti a trascendere la nostra stessa identità, a scoprire che nella vita non siamo esseri irrigiditi in un ruolo fisso e ben definito, ma siamo creature capaci di esprimere una creatività straordinaria.
È in questo che consiste la scoperta della nostra magia.
” Una cattiva abitudine arriva come un ospite, entra a far parte della famiglia e finisce per prenderne il controllo” Talmud