Riflessioni per ri-trovarsi ...

Sulla rabbia (II parte)

rabbia scimpanze

“ La collera, in effetti, sembra prestare

Fino ad un certo punto orecchio alla ragione,

epperò intende malamente,

alla maniera di quei servitori frettolosi

che escono correndo prima di aver ascoltato

fino in fondo ciò che viene detto loro,

e poi si sbagliano nell’esecuzione dell’ordine ..”

Aristotele

Proviamo ora ad analizzare che cosa ci fa arrabbiare; denominatore comune a molti antecedenti della rabbia come abbiamo visto nel post precedente sono la frustrazione e la costrizione, ma il nesso non è affatto semplice, perché la frustrazione in sé non è condizione né sufficiente né necessaria per gli scoppi di ira. Insieme a queste due micce conta molto la responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla persona che si comporta male con noi, specialmente nel caso di persone a cui si è legati e che quindi dovrebbero prendersi a cuore il nostro benessere. Insomma l’elemento determinante non è mai uno solo, ma una combinazione di comportamenti che giudichiamo sbagliati, fatti da una particolare persona ed in circostanze specifiche.

Le ricerche compiute sul comportamento di specie diverse dall’uomo ci hanno mostrato che la rabbia e le frequenti manifestazioni aggressive che ne conseguono sono scatenate da motivi direttamente legati alla sopravvivenza dell’individuo e dei piccoli, e alla difesa del cibo e del territorio.

L’espressione mimica e corporea della rabbia che è stata osservata nei primati non umani per alcuni aspetti assomiglia moltissimo a quella degli esseri umani, fino a sembrarne quasi una caricatura.

Negli animali il mostrare i denti, il ringhiare, l’aumento della massa di peli che si rizzano hanno la funzione di tenere a bada o allontanare la presenza indesiderata.

Gli animali manifestano ira e spesso attaccano quando qualcosa gli spaventa, quando sono aggrediti dai predatori, per avere la meglio sul rivale sessuale, per difendere i propri piccoli, per cacciare un intruso dal proprio territorio.

Si potrebbe pensare che la messa in scena dell’ostilità degli animali abbia una funzione analoga alle aggressioni verbali che negli esseri umani sono più frequenti degli attacchi fisici. Negli umani, alla base dei motivi più spesso addotti per giustificare un attacco di rabbia c’è il desiderio di raddrizzare ciò che sembra essere sbagliato, affermare la propria indipendenza e migliorare la propria immagine.

D’altro canto si è anche visto che a volte l’animale può anche inibire completamente il suo comportamento aggressivo e adottarne uno del tutto diverso, come lisciarsi le penne o regredire ad un comportamento tipico di un animale più giovane, per ostacolare l’aggressione dell’altro. Analogamente l’uomo può mettere in atto meccanismi ovviamente più complessi (i “meccanismi di difesa”) che servono proprio a proteggere la coscienza da un’emozione dolorosa o inaccettabile oppure a evitare di esporvisi.

Di seguito un esempio che illustra questi meccanismi di difesa applicati alla rabbia:

Situazione: il capo entra nel vostro ufficio per dirvi di fare più in fretta, darvi una mossa, mentre voi siete già oberati di lavoro ….

Passaggio all’azione: lo insultate

Spostamento: dopo che è uscito, spostate la vostra rabbia sul vostro assistente

Regressione: andate dritti al distributore automatico per divorarvi golosamente una barretta di cioccolato

Somatizzazione: più tardi vi viene il mal di testa o il mal di pancia

Evitamento: vivete tutta la scena in uno stato di indifferenza emotiva

Proiezione: pensate che lui vi odi (attribuite a lui il vostro odio nei suoi riguardi)

Vari studi sulle ragioni addotte e sugli scopi che ci si prefigge di raggiungere manifestando la rabbia hanno trovato che esistono tre tipi di rabbia che assolvono a funzioni abbastanza diverse:

  • La rabbia malevola: che la lo scopo di rompere o peggiorare i rapporti con l’altra persona, di vendicarsi per un torto subito e comunque per esprimere odio e disapprovazione
  • La rabbia costruttiva: che ha lo scopo di modificare il comportamento altrui, di rendere più stretta la relazione con la persona con cui ci si arrabbia, di asserire la propria libertà e indipendenza.
  • La rabbia esplosiva: che serve principalmente per dare sfogo alle tensioni e manifestare l’aggressività, con le probabili funzioni aggiuntive di rompere il rapporto.

Quello che è certo che i due peggiori modi per gestire la propria rabbia sono:

  • L’esplosione: lasciandola esplodere in maniera incontrollata o per futili motivi. E’ il caso delle arrabbiature di cui si pente, che si portano dietro strascichi inutili, lasciano rancori tenaci o rendono addirittura ridicoli. Questi eccessi di collera ci permettono a volte di ottenere ciò che si vuole a breve termine, ma a prezzo di conseguenze nefaste a lungo termine nei rapporti con gli altri.
  • L’inibizione: reprimere completamente la propria rabbia dissimulandola all’altro e talvolta a se stessi. In questo caso si rischia di covare un cumulo di rabbia dannosa, passando inoltre per persone che è possibile contrariare senza alcun timore. Questo eccesivo ritegno rischia, prima o poi, di farci precipitare brutalmente nella situazione precedente, perché a furia di accumulare rabbia, si finisce per esplodere e spesso nel momento meno opportuno.

Come fare allora????

  • Provare a ridurre i motivi di irritazione rendendoci la vita più gradevole anche nei dettagli e facendo in modo di ritagliarci il più possibile momenti piacevoli, ottimi paraurti contro le cause di irritazione.
  • Riflettere sulle nostre priorità mantenendo sempre il dialogo con noi stessi: “ci arrabbiamo perché pensiamo” (teoria cognitiva) per cui: “pensiamo in modo diverso e ci arrabbieremo meno spesso” . Scopriamo le nostre convinzioni di base che scatenano in noi la collera e proviamo a renderle meno rigide, ad esempio: “le persone devono comportarsi con me come io mi comporto con loro, altrimenti è insopportabile e quindi si meritano la mia rabbia” potrebbe diventare: “non mi piace che le persone non si comportino con me come io mi comporto con loro, ma posso sopportarlo esprimendo però il mio punto di vista”.
  • Consideriamo il punto di vista dell’altro lasciando all’altro il tempo di esprimerlo : ascoltiamo!!!
  • Rimaniamo concentrati sul comportamento che ci ha fatto arrabbiare, anziché attaccare la persona: “Messaggio IO” … “IO MI SENTO …..quando tu ….. e quindi …..”

In sintesi quando ci arrabbiamo dovremmo cercare di salvaguardare almeno quattro cose:

  1. Un decente rapporto con la persona con cui ci arrabbiamo
  2. La difesa dei nostri interessi e la possibilità di far presente le nostre ragioni
  3. La stima di noi stessi
  4. La nostra salute e il nostro equilibrio

Una delle preoccupazioni più comuni e comprensibili è di non perdere la testa, non dire o fare cose di cui ci si pentirà dopo, e così via. Insomma si teme che la maggiore impulsività ed energia scatenate dalla rabbia inducano comportamenti che non ci sono propri. Infatti si dice “ero fuori di me”, “non ero più io”, perché la rabbia è letteralmente una passione, che fa patire/subire il senso di essere invasi (invasati), in preda ad una forza superiore al nostro potere.

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