Niente paura: l’invidia è uno dei sentimenti più diffusi. Se scopriamo quale è la nostra invidia prevalente, possiamo capire qualcosa in più delle nostre debolezze e dei nostri bisogni affettivi.
Tra i sentimenti più diffusi e, tuttavia, meno dichiarati, l’invidia può aspirare a occupare un posto in primo piano. Basta che ci guardiamo intorno, fuori e dentro noi stessi, per scoprirla nelle sue diverse forme e tonalità.
Cosa è l’invidia? E’ un dolore verso noi stessi, una fitta al cuore che coglie di fronte a quello che non abbiamo, per ciò che non siamo. E’ un motore di trasformazioni nobili della persona, poiché invita a crescere, a migliorare, a mettersi in pari con i propri progetti di vita quando ci si accorge di essere rimasti indietro. Ma è anche la segreta ispiratrice di malanimi, di difficoltà a stare serenamente con gli altri.
La si ammette malvolentieri per via di quel suo tono particolare: acido, ingeneroso, lamentevole, aggressivo. Un tono che ci mette in cattiva luce. E’ dunque un sentimento da elaborare, da non lasciar trasparire in modo diretto.
Tuttavia combattere l’invidia può essere un’impresa titanica, a volte destinata a fallire se non si comprendono le ragioni della nostra tendenza ad essere invidiosi.
Viviamo in un mondo che mette tutti in competizione. I modelli del successo sociale e professionale sono sempre più fondati sulla possibilità di esibirsi attraverso segnali di ricchezza, di notorietà, di prevalenza sugli altri.
La competizione per la vita può allora diventare una continua ricerca di questi segnali di successo. Oppure gli sforzi per crescere possono essere indirizzati a prevalere su qualcuno, a essere più “in vista” di quelle determinate persone che ci appaiono immeritatamente più favorite di noi nel lavoro, nelle amicizie, nell’amore …
Consideriamo due modelli affettivi dell’invidia:
- Un modello che si fonda su affetti della relazione tra madre e bambino molto piccolo: esso ci ispira un’invidia per gli oggetti di consumo e per l’amore. Questo tipo di invidia ci spinge a desiderare molti beni materiali, oppure ci spinge a ricercare una posizione sempre centrale nelle relazioni con gli altri (quasi a testimoniare che la vita, la “mamma”, ci ha proprio nel cuore, guarda solo noi, ci illumina con il suo sguardo amoroso e ci riempie di beni preziosi). Si tratta di un’invidia che si collega ad un’angoscia di esclusione, al timore di non essere amati. Quando si prova questo tipo di sentimento non si riesce a tollerare di stare in posizioni di “contorno”, poiché ci si sente esclusi in maniera troppo cocente. Non si accetta neppure che agli altri possano capitare cose belle e fortunate, poiché ci si sente messi in secondo piano, rispetto a loro dal “destino”.
- Un modello che si fonda sulla relazione tra padre e bambino durante la crescita: in esso l’invidia si rivolge alle capacità degli altri. Si soffre per sé quando si incontra qualcuno più bravo, più colto, più abile, più brillante o affascinante … etc. E’ un’invidia che rode, soprattutto perché si accompagna a mai sopiti timori di non essere adeguati, all’altezza, capaci. Fa temere di essere lasciati nell’angolino con il cappello dell’asino in testa. La paura è quella di essere scaricati definitivamente, di perdere la prospettiva del futuro a causa di una sorta di sentenza di incapacità.
Vediamo dunque come il “dolore per noi stessi”, che è la vera natura dell’invidia, ci dice molto su come siamo fatti e su quale è la ferita prevalente che ci portiamo dietro.
Quale è la nostra invidia? Se lo scopriamo, possiamo anche capire qualcosa in più delle nostre debolezze e dei nostri bisogni affettivi. Uscire dalle invidie può allora significare imparare a tollerare un po’ di esclusione senza morirne, per crescere e migliorare. Imparare a guadagnare l’amore, a seguire i propri talenti, diventando così veramente “capaci”.
E se si è già (o ci si sente) capaci e fortunati? Allora è bene essere sensibili alle invidie altrui, per non far male (e soprattutto per non farsi male!). Forse un po’ di generosità permette a tutti, invidiosi e invidiati, di vivere meglio ….
“ E di innumerevoli afflizioni è generoso il mondo,
ma i morsi dell’invidia sono tra le ferite più
sanguinose, profonde, difficili, da rimarginare
e complessivamente degne di pietà ..”
D.Buzzati