” Parlare è un mezzo per esprimere se stessi al mondo…. Ascoltare è un mezzo per accogliere gli altri in se stessi …” Wen Tzu
Viviamo in una società che si autodefinisce come “società della comunicazione”, ma paradossalmente uno degli aspetti più in crisi è proprio la comunicazione.
Oggi tutti possono comunicare in qualunque momento, ovunque si trovino, con qualsiasi luogo del mondo e con chiunque, in pochissimi istanti e per tutto il tempo che si vuole, a bassissimo costo. Ma questo straordinario aumento quantitativo si è accompagnato ad una grave compromissione del livello qualitativo: il risultato è una comunicazione alienata e alienante.
Ormai la maggior parte della comunicazione è costituita da rapporti tramite telefono, TV e computer con sms, e-mail, chat, face book, ecc. E se da un lato tutto ciò favorisce la trasmissione di alcuni messaggi , dall’altra si pone come barriera per una comunicazione completa, naturale e profonda.
Tuttavia anche le comunicazioni dal vivo sono gravemente compromesse. Basta assistere al colloquio tra due persone qualunque o ad uno dei tanti dibattiti televisivi.
La comunicazione, per essere veramente tale, dovrebbe essere soprattutto fatta di “ascolto attivo”. E non c’è cosa più difficile di trovare oggi una persona capace di ascoltare.
Ogni colloquio, ogni dibattito, non sono altro che un parlarsi addosso, un bisogno di sputare fuori valanghe di rumori (non parole autentiche, ossia messaggi simbolici condivisi). Quello che emerge soprattutto è una chiusura rigida alla ricezione di messaggi provenienti dall’altro, e d’altro canto, invece, un bisogno irrefrenabile di sovrapporsi, di interrompere, di impedire la comunicazione altrui.
Il silenzio, elemento indispensabile del “ben comunicare”, senza il quale l’ascolto è impossibile, è divenuto una delle cose più rare in un dialogo. Sono pochissime le persone che riescono a realizzarlo. Tutti sono concentrati nell’udire le proprie parole, ma nessuno è disposto ad ascoltare in silenzio i messaggi dell’altro.
“Meraviglioso il silenzio! Eppure noi moderni, forse perché lo identifichiamo con la morte, lo evitiamo, ne abbiamo quasi paura. Abbiamo perso l’abitudine a stare zitti … Solo nel silenzio è possibile tornare in sintonia con noi stessi …. Mai come oggi il mondo avrebbe bisogno di maestri di silenzio e mai come oggi ce ne sono così pochi ..” Tiziano Terzani
E’ rarissimo poter assistere o partecipare ad un dialogo vero: ormai si tratta di ricorrenti, inutili, frustranti e alienanti monologhi che si sovrappongono tra loro.
E quindi, se è vero che oggi, grazie alle nuove tecnologie, possiamo parlare sempre, ovunque e con tutti, è anche vero che spesso non possiamo comunicare con nessuno, in nessun momento e in nessun luogo, nemmeno in casa nostra.
L’isolamento è sempre più drammaticamente una triste e dura realtà quotidiana. Parlare è una cosa, ma comunicare è ben altro
Ecco quindi che sempre più persone richiedono l’intervento di uno specialista per soddisfare il loro bisogno di ascolto.
Il Counseling, definito anche come “arte di Ascoltare” è quella relazione d’aiuto in cui il Counselor mira a creare uno spazio protetto in cui il Cliente si senta accolto, rispettato e, soprattutto, ascoltato.
Attraverso il “dialogo”, che in questo caso mantiene il senso etimologico di “discorso alterno fra due o più persone”, il Counselor aiuterà il cliente a “trarre fuori” quello che prima era rimuginato in maniera ripetitiva e solitaria.
Ascoltandolo, riformulando il contenuto di quello che mi dice permettendomi quando necessario di avere l’umiltà di dire “scusa, non ho capito”, cerco , nel mio lavoro di Counselor, di far sentire quanto più possibile il cliente accolto , com-preso, non giudicato, accettato incondizionatamente per quello che è, rimandandogli la sua unicità come qualcosa di prezioso.
I miei clienti sanno che nel “tempo e nello spazio del counseling” , ci siamo solo lui ed io con il mio ascolto totale e l’apertura di tutti i miei sensi per ricevere tutto quello che emerge.
E il cliente inizia a parlare … piano piano si affida, prende coraggio e tutto quello che era una matassa ingarbugliata di pensieri senza confini inizia a fluire nel racconto , nello svelamento di parti di sé fin’ora ignote. E’ come un fiume caldo in cui ci immergiamo per ri-trovare quelle pepite preziose che gli permetteranno poi di risalire la corrente, fiducioso di avere in tasca un tesoro.
Ecco quindi che l’Ascolto, nel suo originale significato di “porgere attentamente l’orecchio”, ha permesso di srotolare il filo recuperando quelle “energie sopite” che spesso una cattiva e faticosa comunicazione soffoca …..