Riflessioni per ri-trovarsi ...

Una teoria del vivere ….

teoria del vivere

“Non si può fare a meno di aver continuamente presenti i problemi: se li abbandoni, quando ci ripensi è peggio …” Molti pensano così alla vita. Tutti attraversiamo momenti in cui i pericoli e le preoccupazioni occupano per intero la nostra emotività e i nostri pensieri. Possiamo allora sentirci timorosi, come bambini che stanno rintanati, oppure avere l’impressione di essere come soldati appostati dietro le fortificazioni, impossibilitati ad allentare la guardia, destinati per sempre ad attendere l’arrivo del nemico.

Non vi è nulla di strano o di sbagliato in questi sentimenti; è importante però capire che si tratta di nostre opzioni, di modi di essere che adottiamo per affrontare la vita e non, come spesso crediamo, di ineluttabili necessità generate dalle pur reali difficoltà del vivere. Sono strategie di sopravvivenza.

In questo modo possiamo anche pensare che c’è talvolta un po’ di esagerazione nei nostri pensieri, che il continuo orientamento ai pericoli ed ai problemi rischia di farci sfuggire felicità, soddisfazioni, emozioni anche se si sa che prima o poi i barbari potranno premere ai confini.

La capacità di vivere momenti (o anche lunghi periodi) di felicità e serenità fa parte delle potenzialità affettive dell’essere umano. Essa è collegata ad una sorte di “fiducia di base” che non tutti possediamo in modo uguale e che si genera in fasi precocissime della vita, ma che può essere aiutata a svilupparsi anche in seguito, e non ha nulla a che vedere con la superficialità o l’ottimismo a tutti i costi.

La fiducia di base ci rende speranzosi non tanto e non solo circa il buon esito delle nostre traversie, attuali o future, quanto nel fatto che in quelle traversie sapremo trovare il modo, pur soffrendo, di realizzare, per quanto possibile, compiti importanti della nostra vita o di cavarcela, ricostruendo sulle ceneri di quello che è andato perduto.

In qualche modo la fiducia di base ci facilita la vita perché non ci costringe ad occuparci continuamente della morte.

Già perchè il punto è questo, la paura della morte. Tutti moriamo e tale destino biologico è anche un evento affettivo presente in infinite forme nelle nostre emozioni.

Alla morte ci prepariamo inconsapevolmente nel corso di tutta la nostra vita. Ad essa non abbiamo nulla da opporre tranne la nostra stessa capacità di vivere e di lasciare nella vita qualcosa di noi.

Abbiamo una tensione interna a sopravvivere sia nella specie attraverso i figli, sia nella cultura e nella memoria tramite i ricordi, le ricchezze, gli affetti, i frutti del nostro talento o della nostra creatività. Possiamo quindi dire che vivere bene è in qualche modo collegato ad una pacificazione con l’idea della morte.

La vita ci presenta infinite morti sotto forma di perdite, sconfitte, disillusioni, rovesci, eventi che ci costringono a ricominciare, a sentire l’abbandono, l’incertezza, la solitudine, il fallimento.

Per alcuni questi accadimenti possono assumere la tinta fosca di un destino atroce, di una persecuzione malevola ed è facile che a questo proposito venga elaborata una teoria del vivere in cui vengono eliminate o ridotte al minimo la possibilità di piacere e felicità. Una teoria in cui è bene “non illudersi” ed è pertanto opportuno mantenere alzata la guardia, vivendo ogni momento come se stesse già accadendo quello che si teme potrà accadere. In questo modo l’infelicità viene utilizzata come una barriera immunitaria di fronte al rischio dell’attesa e della disillusione. Meglio vivere nello scontento che affrontare i rischi di un brusco disincanto.

Tuttavia credo che nessuno possa dire che la realtà sia veramente come il sogno. Il sogno è il motore della vita, ma è fatto per spingerci e per motivarci, quasi mai per essere realizzato così come è.

In fin dei conti, aver realizzato i propri sogni significa quasi sempre aver trovato una strada per sentirci amati, capaci, in pace con se stessi e questo avviene percorrendo vie impreviste, affrontando l’incertezza e il dolore come aspetti inevitabili ma utilizzabili per cambiare e per crescere.

E poi i sogni sono come i bambini: possiamo aiutarli, proteggerli, accudirli, ma dobbiamo anche affidali alla vita se vogliamo che crescano …

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