“L’Uomo-Labirinto” – Lelia Burroni
“Sedendo quietamente senza fare nulla, viene la primavera e l’erba cresce da sé” Poesia Zen
A volte capita che senza accorgercene perdiamo il nostro orientamento. E allora sbandiamo, non sappiamo dove siamo, dove stiamo andando, siamo perduti in un labirinto senza vie d’uscita.
Quando siamo disorientati? Quasi sempre dopo un amore finito, dopo un abbandono, quando scompare una persona cara, quando il lavoro ci lascia a piedi, quando i figli prendono la loro strada. Improvvisamente ci sentiamo inutili, come barchette alla deriva,ci manca il terreno sotto i piedi.
Altre volte questa sensazione di disorientamento ci sorprende come un fulmine a ciel sereno: ci sentiamo inaspettatamente stranieri nella routine, nelle abitudini.
Ci guardiamo allo specchio e ci chiediamo:” Era proprio questa la vita che volevo? Perché tutto mi pare così lontano e inutile?.
Guardiamo come estranei gli amici, la moglie o il marito, i figli, i compagni di lavoro tutto ci sembra avvolto in una lente deformante.
Per la verità lottiamo con tutte le nostre forze contro il disorientamento, anche se sappiamo che quella domanda è sempre stata lì in agguato.
E nonostante i nostri sforzi di rimuoverla, nonostante una “vita riuscita”, nonostante abbiamo lottato per mettere ordine, per conquistare un nostro posto ben definito nella società, sappiamo che c’è qualcosa di inafferrabile che ci spinge a perderci, a mettere in discussione tutto, proprio tutto. Una sorta di ansia distruttiva che non trova pace se non nel cercare di disfare quello che, a volte molto faticosamente, abbiamo costruito.
A questo punto scattano due sentimenti che prendono il sopravvento: il vuoto e la disperazione. Contro di loro lottiamo con tutte le nostre forze e qui commettiamo l’errore che peggiora la situazione…. È come se tentassimo di arrampicarci su una parete perfettamente liscia, senza appigli, tutta la nostra energia se ne va nello sforzo di conquistare un metro ma nel momento in cui pensiamo di avercela fatta il piede irrimediabilmente scivola…..
E se invece tentassimo di non lottare contro questa voglia di “perderci” e provassimo a …. crollare…..
Crollare vuol dire lasciar vivere il nostro dolore, stare lì con lui; vuol dire non cercare di spiegare e di capire….. significa semplicemente “stare”.
E qui sta il senso del nostro disorientamento: “qualcosa” dentro di noi vuole spazzarci via, vuole allontanarci dalle nostre certezze. E così la sofferenza apre la porta al “Vuoto”, a quel luogo senza tempo, dove riposano le nostre risorse, la nostra energia più profonda. Dentro ognuno di noi c’è una forza incontaminata, libera che è pronta a venire alla luce: occorre farle semplicemente posto.
Per questo dobbiamo imparare a “crollare” perché quando smettiamo di pensare a noi stessi “questa energia” è pronta ad affiorare.
Anche se non lo sappiamo, nella profondità del nostro essere,è contenuta la gioia della vita.
Dice Elie Wiesel premio Nobel per la pace: “Non è possibile negare la disperazione, è troppo forte. Ma nonostante la disperazione, all’interno stesso della disperazione, c’è un luogo, una sorta di spazio in cui la gioia è possibile…. E’ una gioia purissima, nobilissima…”
Chi riesce a fare questo anche per un istante, impara che le nostre difficoltà dipendono quasi sempre dal fatto che guardiamo perennemente in una sola direzione e non ci accorgiamo che la vita sta scorrendo in ogni fibra del nostro essere.