L’integrazione avviene quando c’è una profonda accettazione di quello che siamo, dei nostri lati oscuri, delle nostre imperfezioni e di tutto ciò che nel passato ci ha procurato paura e dolore.
Integrazione non significa smettere di crescere, significa invece che cominciamo a smettere di sforzarci di essere diversi, accettando quello che intimamente siamo.
Accettando quello che siamo, aprendoci avendo più fiducia in noi stessi,diventiamo più umani, più raggiungibili.
Tuttavia lungo il viaggio per diventare “in-dividuo” ci possono essere momenti in cui è difficile apprezzare i cambiamenti che stanno avvenendo, spesso manca quella distanza necessaria a vedere le cose in modo chiaro. E in questi momenti di ristagno, quando la sfiducia torna a prendere il sopravvento, il nostro giudice interiore diventa fortemente critico e severo soprattutto se pretendiamo di vivere in base a standard elevati in cui il vecchio e mai soddisfatto ideale dell’io torna a bussare.
Quando veniamo colpiti da un attacco di vergogna, da un rifiuto o da una perdita, quando ci accorgiamo di agire in modi che non ci piacciono o quando siamo presi da emozioni “scomode”, possiamo facilmente avere la sensazione che niente sia cambiato. Allora ci sembra di essere tanto negativi, collerici, frustrati, inutili, inquieti quanto siamo sempre stati.
Per lo più i cambiamenti nella consapevolezza e nella fiducia in sé avvengono a piccoli passi e se ci focalizziamo solo sulle mete finiremo per mancarle e per scoraggiarci. E’ importante, quindi, essere consapevoli dei piccoli cambiamenti e accettare che a volte regrediremo e ci ritroveremo a sentirci in modo simile a come ci sentivamo nel passato . Niente paura … il passo successivo sarà un ulteriore cammino più consapevole del precedente.
Abbracciare le nostre ferite può sembrare facile se paragonato all’abbracciare le nostre parti oscure. Teniamo ben presente che queste parti non sono fondamentalmente difetti del nostro essere , bensì provengono da una sfiducia profonda. Essi sono meccanismi di sopravvivenza nati dal panico e dalle ferite accumulate durante un lungo periodo di tempo.
Ci vollero anni per convincerci che quel modo era l’unico modo per sopravvivere e quando la nostra sopravvivenza viene minacciata ricorriamo ad ogni genere di strategie. Quando la ferita del tradimento viene provocata, per il bambino interiore è questione di vita o di morte.
E’ difficile non giudicare queste nostre parti. Ma quando giudichiamo qualcosa, ci viene a mancare lo spazio per essere presenti a noi stessi.
In un certo senso le nostre relazioni sono uno specchio fedele del nostro livello di maturità e fiducia, e sono una palestra in cui possiamo veramente allenarci.
Nelle aree del lavoro è più facile nascondere la nostra mancanza di integrazione dietro l’energia dell’ambizione e della determinazione. E se la nostra vita è fondata sul compiacere, non è difficile eccellere in certi settori senza accorgerci di quanto poco integrati siano gli aspetti più profondi del nostro essere.
Nel lavoro e nelle nostre relazioni meno intime possiamo rimanere ancorati a vecchie identità, difese e modi di comportamento senza crearci grossi problemi.
Ma nella nostra vita sentimentale non possiamo aggrapparci alle vecchie abitudini e aspettarci di continuare a ricevere amore, fiducia e nutrimento. Niente è statico nella vita. L’energia vitale si muove e fluisce senza sosta.
L’integrazione si mostra nelle nostre relazioni quando cominciamo a prenderci la responsabilità di guardare dentro di noi e via via che lo spazio interiore cresce, possiamo lasciare andare cose alle quali invece in passato sentivamo di dover reagire.
Il nostro bambino “regresso” sarà probabilmente sempre reattivo e in difesa. Ma gradualmente diveniamo sempre più capaci di accorgerci delle nostre ferite e della nostra reattività con un certo distacco comprendendo la loro origine.
Con il tempo, quando qualcosa ci provoca, abbiamo sempre più possibilità di scelta tra reagire nel vecchio modo o trovare modi nuovi di essere con noi stessi. Se lo spazio interiore cresce, possiamo scegliere di stare con il disagio delle nostre emozioni invece di reagire ciecamente.
Forse i vecchi modi sono l’accusare, il tagliare ed isolarci, il soffrire in silenzio senza esprimerci … Ma con il tempo giungiamo a vedere che questi vecchi modelli sono vicoli ciechi che abbiamo imboccato infinite volte nella nostra vita e sappiamo non condurre ad altro che ad un più profondo isolamento e dolore. E anche se le vecchie reazioni non scompaiono così velocemente, integrandoci cominciamo ad adottare nuove risposte che nascono dall’accogliere tutte le nostre parti che ,come strumenti di una unica orchestra, concorrono a suonare la nostra sinfonia ….