Circa due metri quadrati. E’ questa l’estensione media della pelle di una persona adulta: il campo di azione del senso del tatto.
La pelle è il confine del nostro corpo, la soglia tra noi e il resto del mondo, tra l’Io e le altre persone, cose ed elementi della natura. Il tatto è il senso che s trova sulla soglia tra noi e l’esterno. Ed è anche la porta da cui gli altri ( e le cose) devono passare per arrivare al nostro corpo, e da cui noi dobbiamo passare per incontrare fisicamente le altre persone.
Attraverso il tatto, esperienza corporea del confine tra dentro e fuori, il bambino impara a sentire se stesso e l’altro, ciò che è fuori da sé.
Dobbiamo a questo senso la percezione: qui sono io e al di fuori del mio limite corporeo c’è l’altro, il diverso da me.
Attraverso il tatto manifestiamo all’esterno il nostro io, e riceviamo dalla pelle le comunicazioni dagli altri corpi: non solo dalle persone, ma anche dagli oggetti e dai corpi della natura [……]
Nella fondamentale esperienza primaria del rapporto tra il neonato e la madre, il sentire con la bocca il seno materno schiude al piccolo l’esistenza del mondo circostante, mentre lo sguardo della madre su di lui e il sentire il suo tocco sulla pelle è la prima e insostituibile esperienza di sé, della propria esistenza come essere separato dalla madre […..]
In quanto porta del corpo, aperta verso l’esterno, il tatto del bambino viene più o meno strettamente regolato dagli adulti e dalla società. Gli adulti chiudono spesso quella porta, sia per proteggere il bimbo, che nella sua naturale curiosità verso l’esterno potrebbe farsi male, scottarsi o ferirsi, sia per trasferire in lui l’inibizione che a loro volta hanno ricevuto. Il risultato di questa dissuasione al tatto è quella di suscitare nel bambino una diffidenza verso l’incontro delle proprie mani e della propria pelle con l’esterno. Espressioni comuni come: “Guardare e non toccare è una cosa da imparare” servono appunto a suscitare timore verso l’esperienza del tatto, considerata pericolosa, e spesso, dal punto di vista morale, sconveniente e peccaminosa […..]
Si sviluppa allora il tentativo di congelare, ibernare il più possibile la pelle (che spesso diventa davvero fredda), e di limitare il più possibile ogni contatto fisico per impedire all’altro di “entrare” dentro di noi, di mandare informazioni nella “memoria” del nostro corpo. Certe strette di mano date alla velocità di un razzo, e guardando altrove, sono uno dei segnali di queste difficoltà […..]
L’osservazione del tatto ci permette di capire che in questo senso, come negli altri, esiste una percezione sia passiva, che attiva, che si irradia verso l’altro e l’esterno.[ …] Un ruolo notevole nel rafforzare questi aspetti attivi del tatto è svolto dalla tensione presente nella pelle, la sua irrorazione e l’attività degli organi di senso presenti nei vasi sanguigni e nei tessuti interstiziali.
L’incontro di due corpi che entrano in relazione tattile ha anche un importante aspetto spaziale. Ogni pressione esercita una compressione sull’altro corpo, e così in qualche modo riduce la sua espansione nello spazio. Ciò fa sì che nel corpo che viene compresso si sviluppi l’aspettativa di ricostituire, riprendere la forma precedente. In questo processo si sviluppano emozioni, attese anche inconsce, gratificazioni quando il movimento atteso si realizza. Tutto ciò è ben visibile nell’abbraccio e nella sessualità […] Ma questo movimento ritmico è anche uno dei giochi preferiti del bambino, che sia con i coetanei sia con i genitori, ama essere compreso e rilasciato ritmicamente, sperimentando così la sensazione di liberazione e felicità del corpo che si espande e ritrova la sua forma originaria. […]
Riconoscere e valorizzare le diverse manifestazioni del tatto dà (o ricostituisce) la sensazione di fiducia nel proprio corpo. Una sensazione che conosciamo già prima della nascita, e che sempre entra in crisi in questo evento liberatorio ma traumatico, anche a causa del doloroso distacco dal corpo della madre che in esso si realizza. Dopo la nascita, man mano che si sviluppa un Io, una “coscienza” che osserva e percepisce il corpo come oggetto esterno, noi non siamo più pienamente identificati con esso, e non sappiamo bene fino a che punto fidarci di lui. Il tatto è il senso che può aiutarci a riacquistare questa fiducia corporea […]
Toccandoci, tastandoci, accarezzando la nostra pelle, facendoci toccare, sviluppiamo una maggiore fiducia nel corpo […] Questa fiducia nel proprio corpo, rafforzata anche dal contatto e dall’abbraccio con l’altro, è il primo gradino verso la fiducia in se stessi. Nel mio corpo mi sento a casa. […]
La fiducia nel proprio corpo, che corrisponde ad un sentirsi avvolti (la pelle ci avvolge e ci contiene), è un sentimento indispensabile per sentirci bene. Quando invece si sviluppa la sensazione di essere senza questo involucro, abbiamo paura. Paura di un corpo che non ci contiene e non ci protegge, e paura degli altri corpi che, quindi, ci possono in qualsiasi momento invadere, penetrare e ferire.[…]
Pelle e mani, negati nella loro centralità dal pensiero ufficiale sempre più virtualizzato e scorporeizzato, inseguono dall’inconscio il soggetto postmoderno posseduto dalla pulsione di “sentire” l’altro che non può più stringere nella danza (ma anche in un abbraccio spontaneo senza aver ottenuto il suo accordo esplicito, salvo incappare in un’accusa di molestie). Si moltiplicano così le dark room dai diversi luoghi di incontro, alle esposizioni di performance artistiche, dove ci si sfiora o ci si abbraccia senza vedersi, alla ricerca di un senso per ora in parte perduto. Di cui però c’è grande nostalgia …. […]
“Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola».
«Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma.
Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte forte.
«Adesso non sono solo», pensò mentre l’abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo».
«Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l’abbraccio»”
David Grossman, L’abbraccio
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Il testo è liberamente tratto da:
Claudio Risè
“Guarda Tocca Vivi
Ed. Sperling&Kupfer