“Ogni relazione significa definire se stessi attraverso l’altro e definire l’altro attraverso se stessi” Robert Laing
Vorrei soffermarmi questa mattina su un importante aspetto della comunicazione: l’arte di percepire le somiglianze con l’altro vibrando all’unisono con quanto ci viene detto.
La comunicazione umana si svolge su vari livelli: intellettuale,emozionale, corporeo e a ciascun livello prevale un particolare tipo di codice.
Il linguaggio verbale è il più distaccato dei codici ed è utile soprattutto per comunicare a livello intellettuale riguardo a fatti e situazioni esteriori, esso si occupa principalmente del contenuto della comunicazione : certo, può anche essere usato per parlare di emozioni, tuttavia dire “ti amo” non è mai come sorridere, abbracciare o baciare la persona amata ….
Il linguaggio non verbale, come abbiamo visto nell’esempio sopra, è molto più partecipe e comunica con molta più intensità della parola. Esso si occupa della parte relazionale della comunicazione, esprime la nostra personalità e le nostre emozioni, parla prevalentemente di noi stessi e dei nostri stati interiori e ci avvicina all’altro.
Proseguendo nel nostro viaggio verso l’altro a mano a mano che la distanza si riduce entriamo in una dimensione sempre più intima e profonda che è quella del con-tatto. Toccarsi, abbracciarsi o guardarsi intensamente negli occhi sono forme di comunicazione che non solo suscitano particolari sensazioni fisiche ma stimolano anche parti più profonde del proprio essere mettendole in risonanza con le rispettive parti dell’altro.
Il con-tatto è comunicazione dell’anima, ci permette di entrare in relazione con l’essenza più profonda di chi ci sta di fronte: sentire noi stessi nell’altro e l’altro in noi.
Il primo livello del con-tatto è la simpatia intesa nel suo significato etimologico dal greco syn=stesso e pathos= sentire,soffrire => “stesso sentire”, “stesso soffrire”, la simpatia nasce quando i sentimenti o le emozioni di una persona provocano simili sentimenti anche in un’altra, creando uno stato di “sentimento condiviso”,cominciamo a sentirci attratti da quella persona perché troviamo tante affinità con noi stessi. La capacità di condividere emozioni, di rendersi scambievolmente partecipi del sentire dell’altro, è un elemento insostituibile per la piacevolezza delle relazioni e per quell’intima e indicibile sensazione del “sentirsi accolti e capiti”.
Un’altra dimensione del contatto si esplica nella compassione intesa anch’essa nel suo significato etimologico cum=con e pathos= sentire, soffrire => sentire assieme, soffrire assieme cioè la capacità di entrare in contatto con il sentire dell’altro a prescindere dalla somiglianza e affinità. Molto usata in ambito religioso la compassione ha assunto con l’andare del tempo l’accezione di “aver pena per la sofferenza dell’altro” , distaccandosi così dal suo significato originario. Anche per questo motivo gli psicologi hanno avvertito il bisogno , per descrivere determinati processi, di usare un concetto più neutro libero da connotazioni religiose: l’empatia dal greco empatheia “sentire dentro”.
L’empatia è un sentire l’altro senza confonderlo con il sé; è un processo volontario e consapevole in cui dopo aver sospeso ogni giudizio ci si immedesima nell’altro, ci si mette nei suoi panni, si avvertono eventuali risonanze con le proprie emozioni, mantenendo però la necessaria consapevolezza dei confini tra la propria identità personale e quella dell’altro.
E’ necessario distinguere l’empatia tout court che descrive una esperienza spontanea di immedesimazione con l’altro, dall’empatia usata dal Counselor nel suo lavoro con il cliente. Attraverso questo tipo di empatia, fondamentale per l’instaurarsi dell’alleanza, non ci si perde nell’altro, pur sentendolo dentro di sé, compartecipando del suo sentire; si è aperti ma nello stesso tempo centrati in se stessi in modo che in qualsiasi momento è possibile distinguere cosa è l’altro e cosa siamo noi . In questo modo non si rischia di affogare nelle emozioni dell’altro, è possibile sentirle vestendo i suoi panni ma anche staccare in qualsiasi momento l’interruttore e tornare in noi stessi.
Possiamo definire questa modalità di empatia un cocktail di compassione + comprensione + non identificazione , una esperienza di condivisione emotiva abbinata ad una raffinata mediazione cognitiva. Una relazione in cui non solo si sentono dentro di sé le emozioni di un’altra persona, ma se ne ha anche una profonda comprensione, senza peraltro perdersi nella identificazione con l’altro.
Questa unione di compassione, comprensione e non identificazione è una “conditio sine qua non” per comprendere davvero le opinioni, i punti di vista, i vissuti, le motivazioni, gli atteggiamenti dell’altro, senza sovrapporre il proprio punto di vista soggettivo né interpretare alla luce dei propri valori.
Questo in una “relazione d’aiuto”, come può essere un percorso di counseling favorisce l’autoesplorazione, la fiducia e il desiderio di comunicare del cliente che sentendosi compreso e accolto incondizionatamente potrà iniziare a sviluppare quella sicurezza necessaria per spiccare il volo….