Uno dei trucchi dell’assurdo è di vestirsi da verosimile… Non c’è ora della nostra giornata in cui non ci sfilino davanti siffatte maschere di carnevale.
Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987
Luigi Pirandello ha colto efficacemente in molti dei suoi romanzi i nodi multiformi e problematici dell’esistenza. Molti suoi scritti, ricordiamo “Uno, nessuno e centomila”, affrontano in maniera originale il tema della frammentazione della personalità: sotto le maschere irrigidite delle convenzioni sociali e delle opinioni altrui, secondo Pirandello si cela sempre il desiderio di vivere un’esistenza più felice, in sintonia con le verità che provengono dal cuore.
Molteplici ricerche scientifiche giungono alla conclusione di ritenere corrispondenti al vero il fatto che gli individui indossino varie maschere per vivere le relazioni sociali in un certo modo e per affrontare le situazioni complesse che si presentano nel rapporto con gli altri. Anche se sicuramente servono per adattarsi meglio a vari aspetti del mondo in cui viviamo, quando l’individuo si identifica in maniera eccessiva con le immagini che desidera trasmettere all’esterno di sé, corre il rischio di perdere i contatti con molte delle sfumature emotive presenti nella sua interiorità ed è proprio questo che frena il pieno sviluppo del nostro potenziale umano.
Svolgere un buon lavoro sulle proprie immagini interiori, soprattutto su quelle che presentiamo agli altri, costituisce un buon modo per migliorare notevolmente le proprie potenzialità creative, rendendo sicuramente più semplice l’applicazione delle capacità sociali alla vita quotidiana.
Alcune delle immagini in questione condizionano pesantemente la condotta delle nostre azioni, impedendoci in tal modo di apportare i cambiamenti che desideriamo alla nostra vita. Questo accade in modo particolare quando i ruoli sociali che ricopriamo, pur rivelandosi del tutto inutili per affrontare determinate situazioni, sono mantenuti nonostante la loro palese inadeguatezza.
Il primo passo per cambiare tutto questo consiste nel comprendere il fatto che l’indossare queste maschere veicola la soddisfazione di bisogni che ormai non sono più attuali per noi. Così come il sistema di valori e di bisogni va incontro a profondi cambiamenti nel corso della nostra vita, allo stesso modo anche l’insieme delle immagini personali necessita di essere continuamente rinnovato per essere funzionale a soddisfare nuovi interessi.
Lo scrollarsi di dosso le vecchie immagini non è naturalmente un processo semplice e tanto meno spontaneo, esso richiede un grande impegno e una grande volontà dato che il distaccarsi dai vecchi ruoli comporta sofferenza. Pensiamo infatti che essi hanno guidato la nostra crescita per molto tempo, controllando le energie a nostra disposizione e mediando fra le emozioni interne e le relazioni sociali. Tuttavia anche se i ruoli che abbiamo sostenuto in mezzo agli altri sono serviti a facilitare l’adattamento all’ambiente , anzi in molti casi sono nati proprio per poter sopravvivere all’ambiente, dopo un certo periodo la loro funzione si esaurisce. Questo accade quando le “maschere” interiori da cui ci facciamo guidare non servono più a lenire lo stress indotto dall’affrontare delle situazioni difficili, bensì contribuiscono a complicarle ulteriormente poiché ci costringono a recitare sempre la stessa parte e lo stesso ruolo.
Le maschere sociali funzionano un po’ come se fossero dei grossi acquari: anche se all’inizio ci fanno sentire certamente più sicuri perché sappiamo che non accadrà mai nulla di inaspettato, a lungo andare ci permettono di “nuotare” soltanto verso delle direzioni prestabilite, azzerando in tal modo la possibilità di scoprire nuovi percorsi da compiere, più confacenti alle mete da raggiungere nei vari campi dell’esistenza … (continua nel prossimo post….)