Lasciare significa: lasciare che per un po’ le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente. Se rinunciamo a tentare di guidare le cose e quelle, muovendosi, si allontanano da noi, lasciamole andare. Molliamo la presa. Se le lasciamo andare per la loro strada, ci rendiamo liberi per qualcos’altro.
Bert Hellinger,
Se sono in grado di accettare tutto quello che comporta una perdita elaborandolo nel modo “giusto” per me “gli addi” non saranno altro che un arricchimento ed una crescita.
Immagina se mi aggrappassi a quegli splendidi momenti dell’infanzia (sempre che ce ne siano stati…) che mi fanno pensare a come era bello essere bambini , o se mi sentissi confortata la ricordo dell’immaginaria sicurezza dell’utero della mia mamma, pensando che quello sia lo stato ideale. Pensa se restassi ferma a un qualche tappa precedente della mia vita e decidessi dio non proseguire. Immagina se stabilissi che alcuni momenti del passato sono talmente belli, certi legami così gratificanti, alcune persone tanto importanti che non voglio perderli, e mi aggrappassi a loro come ad una corda salvatrice, a ciò che non sono più. ….
Nonostante ciò è stato doloroso abbandonare ognuno di questi luoghi, lasciare la mia infanzia, abbandonare l’utero, lasciarsi alle spalle l’adolescenza. Ciascuno di queste azioni ha implicato delle perdite da un lato, e profitti dall’altra ma è grazie a ciò che si diventa ciò che si è.
Non esiste un profitto importante che non implichi, in qualche modo, una rinuncia, un costo emotivo, una perdita, perché questa è la verità che si scopre alla fine: che il dolore è imprescindibile dal nostro processo di sviluppo personale, che le perdite sono necessarie per la nostra maturazione e che quest’ultima, a sua volta, ci aiuta a percorrere il nostro cammino.
Quanto più ci si sgancia, tanto maggiore sarà la crescita. Più si è maturi, minore sarà la disperazione di fronte a ciò che ho perso; meno ci si tormenta per ciò che è stato, meglio si potrà continuare a percorrere il cammino.
Se sai chi sei, sarai in grado anche di abbandonare volontariamente e dolorosamente qualcosa per far posto ai nuovi desideri.
Bisogna svuotarsi per potersi riempire. Una tazza serve solo quando è vuota. Una tazza piena non ha senso perché non la si può riempire con niente. Non può dare nulla perché prima dovrà imparare a svuotarsi.
Non si è solo ciò che si possiede ma anche e soprattutto ciò che si è in grado di dare. E per questo è necessario sperimentare la perdita, il distacco e una certa dose di dolore perché si perde qualcosa anche quando si decide di proprio iniziativa di dare ciò che è nostro.
Per poter rispondere alla domanda “Chi sono?” bisogna accettare anche il vuoto, lo spazio dove, per decisione, per caso o per natura, non c’è più quello che c’era prima.
Questa è la nostra vita: disfarsi del contenuto della tazza per poterla riempire di nuovo. La nostra vita si arricchisce ogni volta che la riempiamo, ma anche ogni volta che la svuotiamo perché, quando lo facciamo, ci stiamo aprendo alla possibilità di riempirla di nuovo.
Personalmente la storia del mio rapporto con la mia crescita e con il mondo è la storia di questo ciclo dell’esperienza: entrare e uscire, riempirsi e svuotarsi, prendere e lasciare. Anche se non sempre è un processo facile. Anche se non sempre è privo di danni ……
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